Questo “lavoro”, appena sei mesi fa, non esi
–
steva – se non in maniera confusa – neanche
nella mia testa. Ha preso forma nel momento
in cui sono stati resi pubblici alcuni docu
–
menti relativi alla “Repubblica di Caulonia”
e mentre prendeva corpo l’inchiesta su Riace
che ha fatto scattare gli arresti del sindaco
Mimmo Lucano.
“Repubblica rossa di Caulonia” e “Riace”
sono i punti estremi di partenza e di arrivo di
un viaggio lungo 73 anni. Tra i due punti non
c’è il vuoto ma la storia della Calabria che è
storia d’un popolo sconfitto piuttosto che una
vicenda criminale come alcuni vorrebbero
far credere.
Una Regione “vittima” di un unico disegno
repressivo che ha utilizzato la “legalità”
come arma verso i più deboli e la ’ndranghe
–
ta come alibi per la progressiva colonizzazio
–
ne e criminalizzazione del popolo calabrese.
Tutto ciò è avvenuto con il consenso di larga
parte della classe “dirigente” regionale, so
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stanzialmente inetta, collusa e subalterna al
sistema di potere dominante.
Non troverete comunque nel presente lavo
–
ro alcuna nostalgia neo-borbonica e nessuna
indulgenza verso forme di anacronistico se
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cessionismo. Ritengo che la “questione me
–
ridionale” debba essere parte della questione
nazionale da risolvere nel contesto di una
Europa Federale. Aspiro quindi a un’Italia
migliore e a un “Sud” libero dalla morsa del
–
le mafie e della falsa antimafia; il ripristino
dello Stato di diritto e il rispetto sostanziale
della Costituzione.
Dalla nota introduttiva dell’autore
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Ilario Ammendolia nel presente lavoro rilegge la storia della “Re
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pubblica di Caulonia” alla luce di nuovi documenti, per poi giun
–
gere ai recenti avvenimenti di Riace e alla vicenda giudiziaria che
ha interessato il governatore Oliverio. «Oltre settant’anni di storia passano in un baleno perché l’autore sca
–
va in profondità e ben oltre le apparenze, attraversando con lucidità
le lotte per le terre, l’operazione Marzano e il summit di Montalto,
gli accordi “Stato” – “malavita”, la stagione dei sequestri di persona,
per arrivare sino ai nostri giorni. Non fa sconti alla ’ndrangheta, ma
piuttosto che maledirla vuole comprendere su quale terreno la “ma
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lapianta” attecchisce per meglio affrontarla e sconfiggerla, convinto
com’è che finora la lotta alla criminalità organizzata sia stata non
solo fallimentare ma anche uno strumento per imporre un potere ne
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ocoloniale al Sud d’Italia e soprattutto per drenare risorse, forza e
dignità alla povera gente in favore dei ceti più forti.
L’autore è persuaso che gli avvenimenti che racconta dimostrino
che la ’ndrangheta sia stata utilizzata come alibi per marginaliz
–
zare il Sud e la “legge” sia stata l’arma per lo sfruttamento dei
ceti popolari. Con tale consapevolezza, Ilario Ammendolia sente
il bisogno di scrivere quasi di getto una “contro-storia” rispet
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to alla vulgata che s’è imposta prepotentemente in questi ultimi
trenta anni. Sarebbe certamente il caso che il presente lavoro at
–
traversasse il Pollino per animare un dibattito sui temi trattati che
molto spesso è stato esangue, grigio, bugiardo e stanco oltre che
schiacciato sul “pensiero unico dominante” e teso alla criminaliz
–
zazione interessata del Sud e in particolar modo della Calabria
».
Dalla Prefazione di Mimmo Gangemi