Dom. Lug 28th, 2024

Il fondo nazionale per autosufficienza è fermo al palo. Disservizi e burocrazia bloccano l’erogazione degli assegni per l’assistenza e cura dei malati cronici previsti per legge. Fermi da 5 anni. Intanto il governo blocca le risorse per la mancata rendicontazione delle annualità 2013-2014

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C’è un dramma nel dramma che si consuma in Calabria. Una storia di cattiva amministrazione, l’ennesima, ma più odiosa di altre perché colpisce chi maggiormente avrebbe bisogno di tutela: i malati gravissimi non autosufficienti e le loro famiglie. Ebbene succede che in Calabria i soldi per affrontare questo dramma esistono ma giacciono fermi nei cassetti senza che vengono distribuiti. Incagliati da anni nelle maglie di una macchina amministrativa regionale quanto mai assurda visto che penalizza chi ha già subito tanto dalla vita. Si tratta di malattie particolarmente invalidanti come la Sclerosi laterale amiotrofica e altre patologie degenerative che costringe chi assiste questi pazienti ad estenuati e costosissime trafile per restituire un minimo di dignità a chi la malattia in parte l’ha sottratto. Ma che la burocrazia calabrese – tra ritardi e scaricabarili – di fatto non riconosce.

FONDI FERMI PER DISSERVIZI Proprio per venire incontro a questi cittadini nel 2006 è stato istituito in Italia il Fondo nazionale per la non autosufficienza (Fna). In particolare la Legge 296 del 27 dicembre 2006 prevede un meccanismo che consente di stanziare per il Paese risorse importanti per alleviare i gravi disaggi che colpiscono pazienti e familiari. Per dare una misura del sistema introdotto da questa normativa, considerando soltanto gli ultimi anni, sono stati stati previsti dai vari governi che si sono succeduti 350 milioni nel 2014 e 400 milioni per le annualità successiva pari cioè a 1,6 miliardi. Soldi che, seguendo il sistema previsto dalla legge, finiscono alle Regioni deputate a loro volta a redistribuirle tra Comuni e Aziende sanitarie e, quest’ultime, alle famiglie per favorire da un verso una dignitosa permanenza presso il proprio domicilio e dall’altro per garantire livelli essenziali delle prestazioni assistenziali ai pazienti affetti da queste patologie invalidanti. Ma mentre in altre Regioni il sistema – anche se in maniera differenziata – ha funzionato praticamente con regolarità, è successo che in Calabria questo meccanismo si è inceppi impattando contro il muro di gomma di una burocrazia che sa essere particolarmente spietata.
Così è avvenuto che le famiglie calabresi che avrebbero avuto diritto all’assegno per consentire di assistere a casa il proprio congiunto continuano a restare in attesa per anni di quel sostegno. L’ultimo decreto emesso dalla Regione – datato 14 dicembre 2018 – attiene somme già stanziate dal Governo proprio per la Calabria nel lontano 2015. Si tratta in particolare di circa 13,6 milioni. Risorse che in altre regioni sono state distribuiti agli aventi diritti appunto 4 anni addietro, mentre in Calabria a tutt’oggi ai pazienti e familiari non sono ancora arrivate. Gli ultimi contributi redistribuirti alle famiglie risalgono addirittura alle somme stanziate dal Consiglio del ministri nel 2014 pari a 12,1 milioni. Cinque anni trascorsi da chi avrebbe avuto diritto e necessità a un sostegno senza vedersi riconosciuto invece alcunché.

CALABRIA CENERENTOLA PER SOSTEGNO Eppure le somme che la Regione dovrebbe riconoscere sotto forma di assegno mensile di cura per consentire alle famiglie di assistere il proprio congiunto con una patologia gravissima al casa è decisamente bassa. Si tratta di un assegno medio di 600 euro a famiglia. In assoluto il più basso d’Italia, visto che in altre regioni quel sostegno in media nel Paese è pari a mille euro, con alcune realtà come il Piemonte, in cui la somma arriva fino a 1.600 euro. Nonostante l’esiguità della cifra, già di per sé totalmente insufficiente a coprire tutti i costi che le famiglie con un proprio componente colpito da patologie così gravi deve sostenere, in Calabria non si riesce neppure ad onorare quell’impegno.

E IL GOVERNO CONGELA I TRASFERIMENTI Uno schiaffo che risulta decisamente violento perché sferzato contro i più deboli. Con una beffa per i calabresi meno fortunati da subire in più. Il Governo ha congelato le somme delle annualità dal 2016 al 2018 visto che la Calabria non riesce neppure a rendicontare l’ammontare delle risorse già trasferite alla regione degli anni 2013 e 2014. Si tratta, in particolare, di una somma complessiva di oltre 32 milioni di euro (per l’esattezza 32.387.880) – relativa agli anni 2016 (13.806.000), 2017 (15.400.000) e 2018 (15.607.280) – ferma a Roma in attesa che la Calabria batta un colpo. Per giustificare questa assurda situazione Rosalba Barone, dirigente regionale del settore Politiche sociali – rispondendo ad una specifica interrogazione in Consiglio regionale del 26 febbraio scorso sollevata dall’associazione “Amici di Nicola” tramite il consigliere regionale Alessandro Nicolò – ha scaricato la responsabilità agli Ambiti territoriali. In particolare la dirigente riferendosi agli «anni 2016-2017 e 2018 – scrive – gli stessi ad oggi non sono stati trasferiti dal ministero alla Regione in considerazione di quanto sopra evidenziato circa la mancata rendicontazione da parte degli Ambiti territoriali relativamente alle annualità 2013 e 2014». Annunciando una diffida ai Comuni capo ambito per la mancata rendicontazione.

MERCURIO: «IL GOVERNO COMMISSARI IL SISTEMA» Sta di fatto che in attesa che gli enti pubblici sciolgano l’ingarbugliata matassa delle responsabilità, famiglie e malati devono fare i conti quotidianamente con i mille disagi che derivano da malattie devastanti che spesso non lasciano scampo. Dove la questione dirimente è legata proprio al tempo. «Gran parte degli aventi diritto – spiega Marina Mercurio, dell’associazione “Amici di Nicola” – combattono con malattie che non ammettono ritardi. Sono patologie gravissime e invalidanti che spesso danno pochi anni di vita e comportano devastanti disagi per i familiari. Quelle risorse ferme servirebbero proprio ad alleviare in parte quei disagi». «Noi abbiamo più volte sollecitato la Regione – denuncia – ad onorare questo impegno che è previsto dalla legge. Ma non si sono neppure degnati di rispondere alle nostre pec». Secondo Mercurio, «è una vergogna che possa succedere una cosa del genere». «Non ci interessano scoprire le responsabilità – sottolinea – ma risolvere rapidamente il problema che sta creando ulteriori danni a persone che devono già fronteggiare laceranti drammi che vivono sulla loro pelle e su quella dei loro congiunti». «Per questo chiediamo che – conclude – , se la Regione e le sue articolazioni non sono in grado di risolvere queste lacune del sistema, intervenga il Governo con proprio commissari che possano recuperare gli enormi ritardi accumulati negli anni».

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