”. Al dibattito con il Coordinatore provinciale Saverio Anghelone ed il Responsabile Provinciale Organizzazione e Sviluppo Territoriale Francesco Meduri, sono intervenute Francesca Cartellà, pedagogista clinico e direttore ANPEC Calabria (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici)., Maricetta Tirrito del Laboratorio “Una Donna” e Paolo Albino, docente di scienze motorie e sostegno e direttore Gym Point.
“Il tempo ci ha insegnato -ha affermato la Tirrito -che la disabilità più grande sia quella invisibile che scaturisce dall’ignoranza di avere quasi vergogna di realtà che provocano paura. Non credo che, ad oggi, ci siano problemi risolti o sufficientemente combattuti in quanto sono diverse le famiglie che si ritrovano da sole a dover affrontare le criticità quotidiane aggrappandosi ad una o all’altra speranza. E’ innegabile che esistano diverse problematiche su una patologia così delicata. Penso alla logopedia che non è materia scolastica, al finto sostegno scolastico che si riserva ai bambini programmando ore limitate rispetto all’andamento delle classi ed al sostegno genitoriale che non tutti i comuni riescono a garantire alle famiglie. Sostegno che dovrebbe essere garantito al genitore per sollevarlo dalla gestione quotidiana del congiunto ed affinchè i soggetti disabili possano avere un momento di autonomia dal proprio nucleo familiare. I soggetti -ha spiegato – che soffrono di queste patologie hanno il diritto di vivere dignitosamente. Su questa tematica ho relazionato alla Commissione Affari Sociali della regione Lazio con l’intento di condividerla con le altre regioni in quanto ritengo che il sostegno, la collaborazione e la partecipazione di soggetti che si occupano disabilità vada spronata ed accompagnata. In tal senso, auspico che il Ministero per la disabilità possa offrire un grande contributo. La politica, purtroppo, non ha la mentalità della famiglia, ha bisogno che le vengano poste determinate problematiche che la incitino ad intervenire con azioni concrete. Ovviamente, la normalità non dovrebbe essere scegliere di occuparsi della disabilità ma dovrebbe essere un dovere morale, sociale ed educativo”.
A condividere il pensiero della Tirrito anche la pedagogista Cartellà da anni impegnata in prima linea sul territorio a difendere i diritti dei soggetti affetti da disabilità: “Per quanto riguarda gli adulti il problema si amplifica anche perché quando si conclude il ciclo scolastico i genitori non sanno come gestire il proprio congiunto non avendo un valido percorso alternativo che gli consenta di inserirlo nella società . Dal mio punto di vista è triste aver dovuto istituire un Ministero per la disabilità per dar voce a chi da tempo porta avanti delle battaglie per sostenere i diritti dei disabili e per ascoltare il grido d’aiuto che arriva da tante famiglie. In Calabria siamo doppiamente disabili in quanto abbiamo dei servizi ma che si reggono sul volontariato di tanti operatori e non esiste ancora una banca dati sulle persone con disabilità. Lavoro – ha evidenziato – in una struttura che accoglie diversi soggetti affetti da disabilità ma fatichiamo ad andare avanti perchè mancano le convenzioni, i piani di zona ed il riconoscimento da parte della regione di strutture all’interno delle quali ci sono operatori specializzati. Inoltre, l’insegnante di sostegno spesso è ritenuto un docente di serie b e non parte attiva della classe ed è assurdo. E’ stato fatto un decreto ministeriale nel 2012 ma nel quale i docenti hanno difficoltà a ritrovarsi in quanto non è cucito sulle realtà territoriali che sono molto diverse tra loro. Le famiglie non devono scioperare per vedere riconosciuti i propri diritti”.
“Sono un docente di sostegno -ha spiegato Albino – e ogni giorno ricevo da questi ragazzi emozioni che mi riempiono il cuore. Da diversi anni organizzo una manifestazione per i soggetti affetti da disabilità perché penso che lo sport possa rappresentare per loro una terapia enfatizzando il concetto di inclusione che tanto si decanta. A livello scolastico corrisponde alla realtà che l’insegnante di sostegno sia lasciato in secondo piano ma, secondo me, sta a noi, in primis, svolgere bene la nostra professione consentendo di superare questi preconcetti ed interagendo con tutta la classe con un occhio di riguardo, ovviamente, per chi manifesta delle deficienze. Sono anche direttore di una palestra frequentata da ragazzi disabili. Purtroppo, non tutte le famiglie possono permettersi di affrontare economicamente questa spesa ed allora dovrebbero intervenire le istituzioni. Talvolta, a livello scolastico ci rapportiamo con delle famiglie che non ti aiutano e tutto diventa più difficile ma dobbiamo andare avanti per sostenerli nel migliore dei modi”.
Per Meduri il tema della disabilità spesso e volentieri viene messo in un cassetto e, quindi, accantonato: “E’ un argomento che dovrebbe essere affrontato con maggiore forza nelle scuole. Riconoscere la disabilità è fondamentale per poter mettere in campo delle azioni mirate che ci consentirebbero di risolverla, invece, molte volte il sostegno è visto come un’etichetta di cui quasi ci si debba vergognare. Diviene importante e costruttivo confrontarsi e lavorare in sinergia per dar voce a chi non ha gli strumenti per farlo”.
“Dobbiamo considerare la disabilità come una risorsa e non un limite – ha commentato – chiudendo il forum, il coordinatore provinciale di ‘Cambiamo’ Saverio Anghelone. “Si è detto delle famiglie, di tanti genitori, lasciati soli nell’affrontare le problematiche legate alla disabilità di un familiare. E’ ovvio che le istituzioni, sanitarie e locali, devono essere meglio organizzate sul territorio a sostegno di questi soggetti. Servizi, assistenza, interventi: è questo che chiedono le persone disabili e le loro famiglie, che spesso sono state costrette a rivolgersi alla Magistratura per veder riconosciuti i loro diritti, od ottenere l’assistenza dovuta per legge. Un’assurdità -ha concluso – in un Paese come l’Italia, che offre il welfare migliore del mondo, ma che spesso è appesantito dalla burocrazia, o da scelte politiche che privilegiano tagli e ridimensionamenti di servizi, che cominciano proprio con le fasce più deboli. ‘Cambiamo’ si propone di rivoluzionare l’assistenza sanitaria ma c’è bisogno di tutti: dei cittadini e, soprattutto, degli operatori che con dedizione ed impegno lavorano in questo settore”.
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