Mar. Lug 16th, 2024

Sigilli Gdf a tre società, 21 immobili e otto mezzi

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Beni per 15 milioni di

euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza su

richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio

Calabria nell’ambito dell’inchiesta “Petrolmafie”. I sigilli

sono stati applicati a tre società operanti nel settore del

commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, 21 immobili e 8

mezzi tra auto e moto.

Il sequestro, che ha interessato anche le disponibilità

finanziarie degli indagati, ha riguardato sette regioni. Le

fiamme gialle, infatti, hanno operato non solo nel reggino.

Il decreto di sequestro preventivo, emesso dal gip su richiesta

della Procura guidata da Giovanni Bombardieri, è stato eseguito

anche nelle province di Asti, Milano, Piacenza, Parma, Roma,

Latina, Caserta, Napoli, Bari, Brindisi e Lecce.

Le indagini condotte dal Gico e dallo Scico hanno fatto luce

sull’infiltrazione della ‘ndrangheta nel commercio, su ampia

scala, degli idrocarburi. Nell’aprile scorso erano state

arrestate 23 persone raggiunte da un’ordinanza di custodia

cautelare.

L’attività investigativa ha permesso di scoprire l’esistenza di

una struttura organizzata che aveva lo scopo di evadere le

imposte, in modo fraudolento e sistematico, sotto la direzione

strategica di un commercialista campano e con la compiacenza di

soggetti esercenti depositi fiscali e commerciali. Secondo gli

inquirenti il settore dei prodotti petroliferi non era al centro

degli interessi esclusivi della ‘ndrangheta, ma anche di altre

organizzazioni criminali siciliane e campane. Ci sarebbe stata

una vera e propria joint venture criminale volta alla

massimizzazione dei profitti illeciti ai danni dello Stato e

della libera concorrenza. La finanza ha ricostruito un giro di

false fatturazioni per un ammontare complessivo di oltre 600

milioni di euro ed Iva dovuta per oltre 130 milioni, appurando

l’omesso versamento di accise per 31 milioni. Soldi che venivano

poi trasferiti su conti correnti controllati dall’organizzazione

criminale, intestati a società di comodo o persone fisiche. Da

lì il denaro finiva una parte all’estero e una parte veniva

prelevato in contanti e restituito ai membri dell’organizzazione

e agli acquirenti del prodotto petrolifero. L’attività

investigativa avrebbe documentato un vorticoso giro di

riciclaggio e autoriciclaggio, per un importo complessivo di

oltre 173 milioni di euro.

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