Mer. Lug 17th, 2024

Per i giudici dall’ex sindaco di Lamezia «un non secondario impegno di contrasto alla criminalità». La sentenza conferma il condizionamento dell’attività amministrativa da parte delle cosche per l’appoggio offerto all’ex vicepresidente del consiglio e all’ex candidato a primo cittadino

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 Il Tribunale di Lamezia Terme dichiara l’incandidabilità di Giuseppe Paladino, ex vicepresidente del consiglio comunale della città, e di Pasqualino Ruberto, già candidato a sindaco e consigliere regionale, entrambi coinvolti nell’inchiesta Crisalide della Dda di Catanzaro. Rigettata, invece la richiesta di incandibilità per Paolo Mascaro, ex sindaco di Lamezia Terme, avanzata dal ministero dell’Interno.

 

«IMPEGNO DI MASCARO CONTRO LA CRIMINALITÀ» Si separano, dunque le posizioni dei due ex consiglieri e dell’ex primo cittadino. A Mascaro – difeso dagli avvocati Gianfranco Spinelli, Dina Marasco e Pietro Palamara –, la Procura contestava «di aver svolto le funzioni di difensore in processi penali riguardanti esponenti delle cosche locali o comunque di soggetti imputati di delitti in materia di criminalità organizzata contemporaneamente allo svolgimento della carica di sindaco». Un «sintomo», per l’accusa, di «cointeressenze tra ambienti criminali e svolgimento dell’attività amministrativa». La difesa di Mascaro, secondo i giudici, avrebbe ridimensionato la contestazione. Ciononostante, «il pm, nella memoria depositata il 14 marzo 2018, ha indicato e provato documentalmente come Mascaro abbia comunque ricevuto efficace nomina per il suo ministero di difensore e con riguardo alla posizione di Luigi Mancuso, Antonio Giampà e Giuseppe Ammendola, dal 2013 fino al 4 marzo 2016, data in cui veniva comunicata alla Corte d’Appello di Catanzaro la rinuncia ai mandati». Mascaro ha, dunque, continuato a difendere i propri clienti anche da sindaco ma «la mera attività difensiva – annotano i giudici –, anche in favore di soggetti imputati di delitti di criminalità organizzata, non può essere, tout court, posta alla base di un giudizio di cointeressenza tra il difensore e ambienti criminali» anche per via del «periodo limitatissimo» nel corso del quale l’ex sindaco ha mantenuto le difese. Per completare il quadro, la sentenza sottolinea che «la difesa di Mascaro ha provato documentalmente come una parte rilevante delle delibere comunali indicate come irregolari dalla Commissione d’accesso, fossero mere esecuzioni di delibere della precedente amministrazione, ridimensionando cospicuamente, quindi, una sua responsabilità». «D’altra parte – prosegue l’analisi dei giudici – emerge dagli atti un non secondario impegno di contrasto alla criminalità del sindaco, anche tramite la giunta comunale». Il riferimento è «alla manifestazione di interesse del Comune per l’acquisizione di un numero importante di immobili confiscati alla criminalità organizzata, con successiva assegnazione degli stessi con procedure immuni da vizi» e alle «plurime costituzioni di parte civile dell’ente comunale in un considerevole numero di processi di criminalità».

LO SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE Mascaro scampa, dunque, dalla scure dell’incandidabilità. Ma i giudici, nell’analizzare la questione complessa dello scioglimento del consiglio comunale di Lamezia (il terzo in 26 anni) scrivono che «appare emergere dagli atti la prova di un condizionamento dell’azione amministrativa dell’amministrazione comunale da parte della criminalità organizzata». Condizionamento che «appare provato sotto due specifici aspetti: quello della formazione del consenso elettorale e quindi dell’elezione dei componenti del consiglio comunale, e quello dell’imparzialità dell’azione amministrativa in senso tecnico». Le contestazioni dell’accusa riportate nella sentenza si concentrano soprattutto sul ruolo di Giuseppe Paladino, difeso dall’avvocato Lucio Canzoniere, e Pasqualino Ruberto, difeso dagli avvocati Ida Francesca Sirianni e Mario Murone. C’è l’«appoggio elettorale compiuto dalla cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, per opera diretta di Antonio Miceli, di Teresa Torcasio e di altri sodali» proprio in favore dei due ex consiglieri. E poi «le frequentazioni di Giuseppe Paladino con soggetti legati ad ambienti criminali» e «l’esistenza di specifici incontri tra Paladino ed esponenti della corsa, a fini elettorali, che appaiono essere condotti anche con modalità (quali il travisamento della sua persona) che sono indici di consapevolezza dell’illiceità della sua azione». I giudici citano anche «le plurime conversazioni da cui deriva la prova della scelta della cosca di avere come politici di riferimento sia Paladino che Ruberto, l’indicazione di promesse elettorali concretizzatesi, come emergenti dalle intercettazioni medesime, in futuri posti di lavoro presso la società Sacal, compiute da Ruberto, le richieste di incontri con esponenti della cosca compiute da Ruberto». Elementi che «appaiono fondare la contestazione operata dal ministro di ingerenza criminale, specificamente riferita all’azione di Ruberto e Paladino, sul consiglio comunale, tramite un patto elettorale che prevedeva reciproci benefici per i candidati e per la cosca».

TALLINI: «RESTITUITO L’ONORE POLITICO A MASCARO» «Il tribunale di Lamezia ha restituito all’ex sindaco Paolo Mascaro non solo il diritto di candidarsi, ma soprattutto onorabilità per l’azione politico-amministrativa svolta dalla sua Giunta, risultata assolutamente estranea a condizionamenti esterni da parte della criminalità. Le parole contenute nella sentenza pesano come pietre, soprattutto quando si afferma che dagli atti emerge un non secondario impegno di contrasto alla criminalità da parte del sindaco, anche tramite la giunta comunale». È quanto afferma in una nota Mimmo Tallini, consigliere regionale e coordinatore provinciale di Forza Italia Catanzaro. «È esattamente quello che ho sostenuto fin dai primi giorni successivi allo scioglimento, ricordando l’impegno di Paolo Mascaro nell’acquisizione di immobili confiscati alla criminalità organizzata e alla costituzione di parte civile in delicati processi di mafia. Da una lettura serena della sentenza del tribunale, sia pure limitata alla richiesta di incandidabilità presentata dal ministero dell’Interno, emerge nettamente l’estraneità di Paolo Mascaro e della sua amministrazione dalle dinamiche che hanno prodotto lo scioglimento del consiglio comunale. La restituzione dell’onore politico a Paolo Mascaro e alla sua esperienza amministrativa purtroppo brutalmente interrotta sono motivo di soddisfazione soprattutto per un partito garantista come Forza Italia che è contrario ai giudizi sommari e alla gogna mediatica prima degli opportuni approfondimenti. Anche se la sentenza non ripaga Paolo Mascaro delle amarezze subite, sicuramente fornisce un forte contributo alla ricerca della verità e introduce motivi di riflessione sullo scioglimento del consiglio comunale».

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