Mar. Lug 16th, 2024

E’ stata la Procura a proporre appello per il dirigente assolto in primo grado sulla base di “motivazioni illogiche”

Continua dopo la pubblicità...


futura
JonicaClima
amacalabria
Calura
MCDONALDAPP
InnovusTelemia
stylearredamentiNEW
E120917A-0A80-457A-9EEE-035CEFEE319A
FEDERICOPUBB
CompagniaDellaBellezza00
previous arrow
next arrow

Dopo circa tre anni dal verdetto di primo grado ritornano sul banco degli imputati il ginecologo Francesco Quintieri e Mario Verre, direttore del dipartimento interaziendale di Terapia Intensiva nell’Azienda Ospedaliera Pugliese- Ciacco, accusati il primo di di lesioni personali colpose e falso ideologico e il secondo di lesioni e rifiuto di atti di ufficio, sul caso di Catia Viscomi, l’oncologa in coma da nove anni dopo aver dato alla luce il 17 maggio 2014 con un parto cesareo il suo bambino nel nosocomio di Catanzaro. Entrambi erano finiti a processo da quando l’allora gip Giuseppe Perri respinse la richiesta della Procura di archiviare il caso per l’intervenuta morte dell’unica indagata, l’anestesista presente al parto, disponendo a carico della Procura un supplemento di indagini per chiarire una vicenda che appariva fin dall’inizio coperta da tante ombre. E da qui l’iscrizione nel registro di altri due indagati. La Corte di appello ha fissato il processo di secondo grado il 3 luglio prossimo per i due camici bianchi, giudicati con rito abbreviato, dal gup Pietro Carè che il 24 settembre 2020 aveva sentenziato la condanna per Quintieri e l’assoluzione per Verre. Un’assoluzione però che non ha convinto i sostituti procuratori Stefania Paparazzo e Debora Rizza, che hanno proposto appello, ritenendo illogica la motivazione in base alla quale il giudice di prime cure ha assolto il dirigente, perché “nonostante le reiterate e allarmanti segnalazioni del personale medico sullo stato di salute della loro collega anestesista”, che avrebbe disattivato prima e durante l’intervento di taglio cesareo d’urgenza gli allarmi di rilevazione dei parametri vitali, “il dirigente medico con incarico di struttura complessa, si è rifiutato di compiere un atto di ufficio finalizzato ad inibire parzialmente o totalmente l’esercizio delle funzioni alla stessa anestesista. Ha preferito rimanere inerme spettatore, senza attivare i poteri attribuitigli per impedire le condotte dell’anestetista e l’evento drammatico, assolutamente prevedibile ed evitabile, laddove fossero state attivate le dovute precauzioni e i necessari rimedi”. Per la Procura, Verre, avrebbe dovuto rimuovere dal suo incarico l’anestesista, essendo a conoscenza delle sue precarie condizioni di salute psico-fisiche e in ogni caso non si sarebbe dovuto rifiutare di proporre al Comitato di dipartimento misure correttive necessarie: richiedere alla direzione sanitaria e direzione area risorse umane di sottoporre a visita la collega per stabilire l’idoneità a svolgere l’attività di medico anestesista. Un provvedimento adottato troppo tardi, il 9 giugno 2014, solo dopo quello che era accaduto a Catia Viscomi il 7 maggio 2014, ridotta in uno stato vegetativo, disponendo nei confronti dell’anestesista l’affiancamento di un tutor, il supporto psicologo e l’esonero della stessa dai turni di guardia. Non sono stati vani i continui appelli dei familiari della vittima che fin dall’inizio si sono opposti alla richiesta di chiudere il caso, manifestando finanche sotto la sede della Procura, urlando giustizia per la figlia, la moglie, l’amica che da quella anestestia non si è più svegliata, così come aveva urlato giustizia, durante una fiaccolata, la comunità di Soverato, dove Catia è sempre vissuta.  Tutti uniti nel pronunciare il suo nome, gridando: “Catia non mollare, non sei sola”, nella speranza che possa riaprire gli occhi e riabbracciare il suo unico figlio. E il marito di Catia, Paolo Lagonia, dopo aver appreso la fissazione della data di appello, su facebook ha affermato: “Sono passati 9 anni, ma i familiari, gli amici, tutti coloro che hanno apprezzato Catia come donna e professionista di altissimo profilo continuano a chiedere con più forza e determinazione la loro battaglia”.

Print Friendly, PDF & Email