Nei giorni scorsi, la Corte dei conti ha emesso una sentenza che condanna Ilario Ammendolia, ex sindaco di Caulonia, insieme ad altre figure, tra cui l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, a una pena pecuniaria. La condanna si riferisce alla gestione della cosiddetta “emergenza Nord Africa” del 2011, periodo in cui Ammendolia ricopriva la carica di primo cittadino. Una vicenda che arriva a conclusione dopo tredici anni dai fatti, sollevando molti interrogativi.
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Già nel 2017, la Procura della Repubblica di Catanzaro, sotto la direzione del procuratore Nicola Gratteri, aveva notificato ad Ammendolia un avviso di garanzia per la stessa vicenda. Dopo tre anni di indagini e numerose proroghe, la stessa Procura aveva richiesto l’archiviazione del caso, non avendo ravvisato alcun reato. Il giudice, infatti, aveva archiviato il caso non per un atto di clemenza, ma perché non vi erano prove sufficienti per sostenere un’accusa.
Tuttavia, nonostante la decisione della Procura di Catanzaro, la Procura presso la Corte dei conti ha proseguito sul piano della responsabilità contabile, arrivando alla recente condanna. Ammendolia ha espresso la sua intenzione di proporre appello alla sentenza, confidando che la giustizia possa fare il suo corso in modo corretto.
È importante sottolineare, come lo stesso Ammendolia ha ricordato, che la Procura di Catanzaro aveva escluso la possibilità che lui o altri avessero tratto alcun vantaggio personale dalla gestione dei fondi per l’emergenza Nord Africa. Inoltre, la Corte dei conti, per quanto riguarda Ammendolia, non ha mai ipotizzato un simile scenario. La condanna sembra basarsi sull’ipotesi di un vantaggio procurato a un ente attuatore, il quale però non è mai stato indagato, né dalla giustizia penale né da quella contabile. Se non ci sono beneficiari, si chiede Ammendolia, chi avrebbe tratto vantaggio?
Questa situazione rappresenta per Ammendolia l’ultimo capitolo di una lunga storia di attenzione giudiziaria nei suoi confronti. L’ex sindaco di Caulonia ha ricordato come, fin da giovane, abbia vissuto sotto il peso di numerose inchieste, a partire da quando, appena ventenne, venne indagato per aver partecipato a un blocco stradale o all’occupazione di un municipio. Oggi, a quasi ottant’anni, si ritrova ancora una volta coinvolto in un percorso giudiziario che sembra non avere mai fine.
La sua riflessione si allarga, infine, a una critica profonda del sistema di potere in Calabria. Ammendolia sottolinea come, nella sua terra, il potere sia rimasto essenzialmente immutato, selvaggio e malvagio nei confronti di chi non si piega. Un potere che, secondo lui, si fonda su due pilastri: la massoneria deviata e la ‘ndrangheta, presenti in ogni aspetto dello Stato. “Chi si chiama fuori è perduto”, afferma amaramente Ammendolia, evidenziando come chiunque osi sfidare questo sistema venga inevitabilmente travolto.
“Hanno vinto loro”, conclude l’ex sindaco di Caulonia, con un amaro pensiero alla sua terra natale, una Calabria che vede oggi oppressa, priva di speranza e di giustizia.