Dom. Set 1st, 2024

Lit. Sabato – II TQ B

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Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore

Il commento di monsignor Piero Romeo vicario generale della diocesi di Locri Gerace:

La parabola del padre misericordioso è uno dei pezzi forti dell’annuncio evangelico. Di solito la utilizziamo per raccontare la sproporzionata misericordia di Dio nei nostri confronti quando ritorniamo a lui con la coda tra le gambe.
Ma siamo sicuri che il messaggio che Gesù vuole farci arrivare sia proprio questo? Se così fosse, non sarebbe bastata solo la prima parte del racconto? Che cosa avrebbe aggiunto in più la seconda parte, quella in cui il figlio maggiore torna dai campi? Anche perché, stando alla logica della parabola, vista l’evidente differenza di trattamento del padre nei confronti dei due figli, potremmo facilmente trarre la conseguenza che convenga allontanarsi da Dio, vivere nella dissolutezza e poi ritornare alla fine, più che cercare di condurre una vita lineare lavorando e prendendosi cura del patrimonio lasciato dal padre. Non c’è infatti paragone tra il modo in cui il padre avvolge di affetto smisurato il figlio minore e tratta con sufficienza e scarsa empatia il figlio maggiore. Non può entrare a celebrare il ritorno? Pazienza… Non ha approfittato della situazione per far festa con i suoi amici? Peggio per lui… Gesù con questa parabola ci mostra una figura distorta di Dio, che abita in noi. Sembra quasi un Dio accecato dal suo desiderio di paternità, che ha un disperato bisogno di essere riconosciuto tale dal figlio. Al punto che non si rende nemmeno conto che sta creando una vistosa ingiustizia tra i due fratelli. Dopo questo episodio che rapporto vivranno tra loro? Entrambi si sentiranno in colpa l’uno nei confronti dell’altro. Il figlio minore sentirà la bruciante vergogna di essere stato riabilitato senza neppure aver avuto la possibilità di riscattarsi con un minimo cammino di pentimento. Il figlio maggiore vivrà nel risentimento per il fatto che suo fratello non solo ha dilapidato la sua parte di eredità, ma ora, grazie al nobile gesto del padre, condivide la sua stessa parte di eredità, quella che lui ha custodito con la fatica e il sudore quotidiano. Come si guarderanno quei due?

Che razza di Dio è questo? Gesù ci mostra quanto sia facile stravolgere l’immagine di Dio, persino esagerando la sua bontà. Dio non crea ingiustizia. Gesù ci mostrerà che il vero volto di Dio è quello di chi muore per permettere a te di vivere. È quel Dio che scompare dalla scena del mondo perché tu possa avere il tuo spazio di libertà e giocarti la tua vita. Nel Dio crocifisso, sia il figlio minore, sia il figlio maggiore si sentono compresi nella loro dinamica umana. In quel sentirsi accolti nell’unicità della loro storia, recuperano entrambi la loro dignità di figli. Nell’essere abbracciati entrambi allo stesso tempo da quelle braccia distese sulla croce, si apre per loro la possibilità di vivere come fratelli. Questa è la buona notizia del vangelo, non la parabola!

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