L’ex procuratore di Castrovillari era stato trasferito dopo l’inchiesta su alcuni suoi presunti illeciti che avrebbe compiuto. Dovrà continuare a svolgere attività di giudice civile nel capoluogo lucano
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La prima sezione del Tar del Lazio ha rigettato il ricorso presentato dall’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla per l’annullamento dell’atto adottato dal ministero della Giustizia – con il quale il magistrato è stato trasferito a Potenza con funzioni di giudice civile – e dell’atto costituto dall’ordinanza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura che aveva disposto «in via provvisoria il trasferimento di ufficio del procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla presso il Tribunale di Potenza con le funzioni di giudice nel settore civile».
Secondo i giudici del Tar del Lazio «non emergono, ad un’analisi propria della fase cautelare, vizi, inficianti il sufferito provvedimento, sia in relazione all’autorità emanante, in ragione della richiamata natura gestionale dell’atto stesso, sia in ordine all’abbreviazione dei termini, tenuto conto delle esigenze di interesse pubblico sottese alla tempestiva esecuzione del trasferimento disciplinare».
LA VICENDA La sezione, presieduta dal vicepresidente del Csm David Ermini, in conclusione della propria decisione afferma che «non si può non concordare con la valutazione espressa dalla Procura generale della Cassazione al momento della richiesta della misura cautelare». Misura che consisteva, appunto, nell’applicazione «della sanzione cautelare del trasferimento di ufficio». Tre sono gli illeciti disciplinari la cui «gravità» ha portato all’ordinanza della sezione disciplinare.
In primo luogo Facciolla avrebbe consegnato in copia «per fini esclusivamente privati (operare una archiviazione di atti di procedimenti penali di suo personale interesse)» di 13 procedimenti «abusando così della qualità di magistrato, in quanto ne aveva in tale veste la materiale indebita disponibilità, poneva in essere con l’ausilio di Vito Tignanelli, titolare de facto di una impresa che svolgeva servizi di intercettazione telefonica anche per la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari, un trattamento illecito di dati personali potenzialmente idoneo a pregiudicare il diritto alla privacy in grave violazione dell’articolo 5 del decreto legislativo 51/2918 – e del precedente codice per la protezione dei dati personali numero 196/03, così ponendo in essere altresì una divulgazione a soggetti non legittimati, ed il violazione del dovere di riservatezza di dati giudiziari “sensibili”, anche relativi a procedimenti definiti, idonei a ledere indebitamente diritti altrui».
Vi sarebbe, inoltre, un illecito che collega il procuratore di Castrovillari con un’inchiesta della Dda di Catanzaro e uno degli imputati nel procedimento antimafia “Stige”, il maresciallo Carmine Greco, ex comandante della Stazione dei carabinieri forestali di Cava di Melis in provincia di Cosenza, accusato di avere favorito un cartello di imprese dedite al taglio boschivo (tra cui quella degli Spadafora) e legate alla cosca Farao-Marincola di Cirò Marina. Secondo quanto contestato «dopo l’avvenuto arresto di Antonio Spadafora in data 9 gennaio 2028 da parte della Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “Stige”», Eugenio Facciolla e Carmine Greco «concorrendo nel reato, concordavano la redazione di una annotazione nella quale fossero descritte le attività informative che quest’ultimo aveva acquisito mesi prima nel corso di interlocuzioni con Antonio Spadafora, documento risultato materialmente falso recando la data del 31 dicembre 2017, laddove Carmine Greco in quel giorno non risultava in servizio e, sulla base degli accertamenti eseguiti sul computer di quest’ultimo, il file risultava generato il 15 gennaio 2018 e modificato l’ultima volta il 19 febbraio 2018; e al contempo, attestandosi falsamente come da Carmine Greco compiute le seguenti attività:
– incontro in data 20 ottobre 2017 presso la Stazione di cava di Melis con Antonio Spadafora e Rosario Spadafora, laddove in quella data l’ufficiale di pg era risultato permanere per l’intera giornata nell’area urbana di Cosenza e, intorno alle 20, nel Comune di Rende
– informazione telefonica ricevuta il 3 novembre 2017 da Antonio Spadafora circa un controllo eseguito da carabinieri in località Russi, laddove la telefonata risultava essere stata fatta da Rosario Spadafora».
In particolare Facciolla avrebbe suggerito a Carmine Greco la redazione dell’atto e la sua retrodatazione e, a seguito della consegna avvenuta da parte dell’ufficiale di polizia giudiziaria nella mani della segretaria «in epoca successiva e prossima la 19 febbraio 2018, non essendo stato apposto sul documento alcun timbro di avvenuta ricezione, ne approvava il contenuto dopo l’avvenuta lettura», provvedendo al suo inserimento all’interno di un fascicolo di cui era contitolare…» che recava la data 28 giugno 2018.
La questione Greco-Spadafora ritorna anche nell’ultimo illecito valutato dalla sezione disciplinare. Eugenio Facciolla avrebbe «posto in essere condotte gravemente scorrette» nei confronti di un magistrato di Castrovillari e dei magistrati della Dda titolari del procedimento “Stige”.
Dopo l’arresto di Antonio Spadafora il 9 gennaio 2018 avrebbe concordato con Carmine Greco la redazione di una annotazione di servizio. E qui tornano le attività ritenute false annotate precedentemente. «Con tale condotta il dottor Facciolla poneva in essere una grave scorrettezza nei confronti sia della collega» contitolare del procedimento a Castrovillari «nel quale l’atto falso veniva inserito di sua iniziativa esclusiva», «sia nei confronti dei magistrati della Dda di Catanzaro che stavano svolgendo indagini a carico di Antonio Spadafora e Carmine Greco», «indagini che potevano essere inficiate dal contenuto del predetto falso».