Mer. Lug 17th, 2024

«Romanello capace d’impadronirsi di aziende e far dissequestrare discariche»

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I giudici: «Territori devastati»

Ci sono anche due persone originarie della Locride nella maxi inchiesta sul traffico illecito di rifiuti coordinata dalla Procura antimafia di Milano. Si tratta di Angelo Romanello, originario di Siderno, considerato «il vero e proprio dominus del sodalizio», e Maurizio Bova, nato a Locri, ritenuto «insostituibile braccio destro del Romanello soprattutto per l’operatività del sodalizio in Calabria».

Nell’ordinanza di custodia cautelare del gip meneghino Sara Cipolla, il 35enne Romanello è descritto come: «capace di trovare prestanome per le “sue” società, nella consapevolezza che “devono essere candidi”; è stato capace – si legge – di muoversi per ottenere i dissequestri dei siti; è riuscito ad impossessarsi di aziende come la Smr Ecologia in poco meno di 10 mesi; gode indubbiamente di una notevole credibilità sul territorio calabrese non essendo pensabile che così significativi illeciti smaltimenti, come quelli ricostruiti, siano avvenuti senza il placet delle strutture criminali ivi operanti e, soprattutto, controllanti il territorio». Ancora oltre si evidenzia che Romanello: «Si è dimostrato accorto cercando di tutelarsi dalle intercettazioni».

Dagli atti si desume la sussistenza di stabili interessi economici in Tunisia: «Tutti questi elementi, ad avviso di questa autorità giudiziaria, delineano un quadro cautelare quanto mai stringente»: «Sebbene – si legge ancora – nel corso dell’indagine non sia emersa la benché minima traccia di un’attività lecita da esso svolta, egli dimostra una capacità economica quanto mai cospicua che gli rende possibile l’acquisizione di aziende, impianti, siti e la relativa gestione». In definitiva, per il gip di Milano, «è da ritenersi quale vero e proprio promotore, organizzatore e finanziatore dell’associazione a delinquere».

Su Maurizio Bova, classe 1978, nell’ordinanza si evidenziano i suoi numerosi precedenti fra cui quelli «per la violazione della disciplina in materia di stupefacenti e violazione delle misure di prevenzione». Viene descritto come «uno dei personaggi principali del sodalizio». L’attività tecnica svolta, «ha dimostrato, inequivocamente – è scritto – come egli abbia assunto un notevolissimo grado di professionalità nella gestione degli illeciti traffici». Il 41enne Bova è considerato «in grado, con estrema velocità, di reperire i siti nei quali smaltire illecitamente i rifiuti, di coordinare gli autisti, svolgendo, almeno in un caso, il ruolo di “staffetta” del carico».

Inoltre, «il pericolo di commissione di altri reati della stessa specie di quelli per cui si procede in capo al Bova, può essere agevolmente desunto anche dai contatti che egli dimostra di avere, in Italia e all’estero, per effettuare gli illeciti smaltimenti di rifiuti, benché soggetto assolutamente privo delle autorizzazioni ambientali».

Nell’ordinanza sono richiamate numerose intercettazioni telefoniche «che danno conto di interessanti sbocchi nei rifiuti ospedalieri. Dagli atti si desume che Bova – rileva l’ordinanza – ha utilizzato fittiziamente la Eco.Lo.Da. Srl per ricevere rifiuti, anche pericolosi come quelli di natura ospedaliera, ponendosi di fatto come valvola di sfogo per imprese autorizzate alle prese con problematiche di spazi di stoccaggio o magari prossime al raggiungimento dei limiti di quantitativi autorizzati».

«La condotta di Bova – in definitiva – rivela la perfetta conoscenza delle attività illecite alle quali partecipa e la volontà di fornire un apporto al sodalizio capeggiato da Romanello».

 

Il traffico illecito di rifiuti si conferma uno dei più floridi business della criminalità, e ieri l’ultima indagine, coordinata dalla Dda di Milano, ha portato a 11 nuovi arresti restituendo la fotografia di un’Italia solcata da Sud a Nord – ma anche da Nord a Sud – dai «conferimentì irregolari di migliaia di tonnellate di immondizia e rifiuti speciali».

I rifiuti finivano al Nord a Como, a Varedo, a Gessate e Cinisello Balsamo, per un ammontare di circa 60 mila tonnellate accertate. Quando questi siti erano al collasso i rifiuti finivano al Sud, a Gizzeria e Lamezia Terme, in modo così incurante di ogni regola da causare, commentano gli inquirenti, «la devastazione di un intero territorio».

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