È una persona umile e, per questo straordinaria, fratel Bruno Demasi, della comunità dei padri missionari dell’evangelizzazione, fondata dal compianto padre Ida’, per il quale è stata avviata la causa di beatificazione, e oggi guidata dal suo degno successore, padre Rocco Spagnolo. A fratel Bruno, sabato sei marzo, in occasione del consueto incontro di preghiera in programma ogni primo sabato del mese, presso il santuario Nostra Signora dello Scoglio, presieduto dal vescovo diocesano, verrà conferito l’importante ministero dell’accolitato, essenziale per lui che è candidato al presbiterato. Il termine accolito deriva dal greco ‘akolythos’. La forma verbale corrispondente significa: andare dietro, seguire, accompagnare. Il Ministero dell’accolitato è il Ministero dell’Eucaristia e del servizio dell’altare. Quell’Eucaristia che è, come dice il Vaticano secondo nella Lumen Gentium, “fonte e culmine di tutta la vita cristiana”. La Chiesa, nella liturgia dell’istituzione dell’Accolito,, con l’efficacia che le viene dallo Spirito, invoca sul candidato una speciale benedizione, perché possa compiere fedelmente il suo servizio conformando sempre più la propria vita al sacrificio eucaristico così da offrirsi ogni giorno in Cristo come sacrificio spirituale a Dio gradito, amando sinceramente il corpo mistico del Cristo, che è il popolo di Dio, soprattutto i poveri e gli infermi. Così il ministro ha un compito e una missione precisa da svolgere all’interno della Chiesa e non un’attribuzione onorifica. L’accolito vive questa chiamata tra i momenti liturgici e i momenti concreti del suo quotidiano (il Cristo dell’altare e il Cristo vivente nell’uomo). L’esercizio del ministero lo aiuta a partecipare attivamente nella liturgia a vivere una vita spirituale sempre più intensa, a maturare nella consapevolezza e a dare testimonianza con la vita. L’accolito aiuta il presbitero e il diacono a compiere le azioni liturgiche. Si impegna a rendere servizio alla comunità celebrante dando il suo tempo, disponibilità, impegno. Il suo servizio non si limita solamente alla celebrazione liturgica ma va anche fuori portando ai fedeli ciò che ha attinto dall’altare. Così cerca di farsi strumento dell’amore di Cristo e della Chiesa nei confronti delle persone più bisognose, deboli, povere e malate attuando il comando di Gesù agli apostoli durante l’ultima cena “amatevi l’un l’altro, come io ho amato voi”
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