Mar. Lug 16th, 2024

Autore del momento con “Due Vite”, ha parlato dell’opera dello scrittore innamorato di Capo Vaticano: «La sua era grande letteratura proiettata nel futuro»

La seconda serata di Estate a Casa Berto, ha visto protagonista uno scrittore e giornalista molto apprezzato, vincitore del premio Strega 2021 con un’opera intitolata “Due Vite”, il racconto dell’esistenza di due amici dell’autore, Rocco e Pia, scrittori, intellettuali, diversi nell’approccio alla vita e alla letteratura, accomunati dal tragico destino di morire giovani.

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Un libro che Cristina Taglietti su Sette definisce “una autobiografia per interposta persona”, leggendolo si ha esattamente questa sensazione. Alla kermesse Estate a Casa Berto, Emanuele Trevi ha parlato di Giuseppe Berto da angolature interessanti, spiegando la differenza tra grande e piccola letteratura: «La prima è proiettata al futuro, Berto apparteneva a questa; la seconda è dei contemporanei, si lega quasi sempre a fatti e fattarelli». 

Ha condotto l’evento, il cui titolo era “L’attualità di Giuseppe Berto”, Marco Mottolese. «Berto funziona – è Emanuele Trevi che parla – come una cosa nuova, perché sa arrivare al mondo come se lo avesse visto per la prima volta. Aveva il dono di quella che Gadda chiama “prima voltità”». 

Un racconto appassionante de “Il male oscuro”, romanzo di Berto al quale Trevi ha scritto la prefazione per Neri Pozza: «Berto scrive della nevrosi, in una epoca nella quale gli studi psichici non erano così avanti. Riesce straordinariamente a riportare una mente che soffre, descrive gli attacchi di panico. Certo probabilmente aveva dei modelli, penso alla Coscienza di Zeno, alla Cognizione del dolore, ma questi scrittori parlano della follia come messa un po’ da parte. Berto fa parlare il pazzo, che non è guarito, ma sa comunicare con genio e umorismo».

Un’opera, “Il male oscuro”, oggi diffusa perché è in aumento il male interiore, l’osservazione di Marco Mottolese, alla quale Trevi ha così risposto: «Le cose hanno sempre la loro ora, non è detto che i contemporanei riescano a comprendere. Noi siamo una civiltà che pensa continuamente agli stati d’animo. Il come stai è diventato psichico e oggi la psiche si percepisce più malata».

Un affresco del rapporto tra l’opera di Berto e il luogo che tanto ha amato, Capo Vaticano: «La storia di quel posto – è sempre Emanuele Trevi che racconta – è continuativa: non sai mai dove finisce il luogo e dove inizia il libro, è questo il legame simbiotico, importante».

Quella di Capo Vaticano «era la casa buona da anteporre alla casa anaffettiva dei genitori», bellissima questa dicotomia che si addentra nella biografia dello scrittore. A seguire è andato in scena uno spettacolo, scritto da Emanuele Trevi e interpretato da Iaia Forte, intitolato “Mia nonna e i Borboni (i Borboni in Calabria)”, protagonista la nonna di Emanuele Trevi, che dagli 85 ai 92 anni ha vissuto il più grande amore della sua vita.

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