Dom. Set 1st, 2024

di Vincenzo Speziali – Oggi, 26 Agosto, nel giorno dei funerali del caro Maurizio D’Ettore, pur trovandomi per amore verso i miei cari, senso di responsabilità politica e passione giornalistica, in mezzo ‘alla tempesta bellica mediorientale’, un po triste lo sono. Eccome se lo sono!
Certamente, siffatto sentimento, è dovuto non tanto alla guerra in Libano (l’ennesima, che vivo in vent’anni qui), bensì proprio per non poter essere presente alla funzione funebre, di questo caro amico, dal vocione fragoroso, dalla umana disponibilità e con il tratto o il garbo, di qualsivoglia galantuomo, di ogni epoca e di tutte le latitudini intersecate con le relative longitudini.
Mi consola, solamente, di non vedere, qualora avesse l’ardire di presentarsi un ‘Giuda Iscariota’ in particolare, il quale sarà pure oriundo di Locri (ma con noi, gente seria, di Bovalino e dintorni, nulla ha a che fare), che a Roma vive ed esercita la professione di Avvocato, epperò qui mi fermo, senza null’altro aggiungere, poiché figuri simili, adusi talvolta a svendere qualche malcapitato assistito a prezzi saldo, meriterebbero quanto non è il caso di menzionare, benché presto o tardi, qualche mia personale ‘jettatura’ lo folgorera`.
Purtuttavia, con i familiari di Maurizio, ho parlato a lungo, al pari di sempre, pensando e commentando, il dolore grande ed ingiusto, che lui ha sopportato e addosso si è portato, fino a stroncarlo con il funesto e classico crepacuore.
Ne discutevamo, telefonicamente, anche con una comune e cara amica, l’Avvocato Antonia Postorovo, cassazionista e garantista di fama, la quale condivideva la mia idea. Ora, non è il monento della polemica rivendicativa, poiché per certuni ‘Ayatollah nostrani’ -ma che rispetto agli originali, sono poca robetta, in quanto i fanatici clerici Iraniani, almeno hanno cultura, mentre i nostri sono inzuppati di livore psicotico, fanatico, sovversivo e financo fisico, essendovene molti afflitti da ‘impotentia coeundi’- dicevo, non indugio oltremodo nei confronti di chi dovrebbe essere giustamente additato al pubblico ludibrio, bensì mi concentro su Maurizio e sul suo dolore, che da amico ho con lui, riservatamente condiviso.
Già, Maurizio con cui abbiamo trattato la vicenda delle elezioni amministrative di Catanzaro (incontrandoci negli uffici di Sergio Abramo), proprio noi due che di Catanzaro non siamo, nonostante io ci viva spesso e tale città la amo, dopo la mia Bovalino e assieme a Siderno, Roma e Beirut.
Eppure, ci occupammo di vagliare le proposte di candidatura a Sindaco nella città capoluogo di regione, anche lui e il sottoscritto, provenendo dalla locride ed essendo entrambi a questi angolo di mondo affezionati quanto e come mai.
E che dire del giorno di febbraio scorso, allorquando ci vedemmo a San Lorenzo in Lucina, assieme ad una sua collega parlamentare, oriunda della Sicilia, giustamente fuggita dal ‘cinquestallismo’, la quale me (e ce) ne disse di ogni, in merito a quei di lei improbabili ed improponibili ex compagni di sventura politicante, che -per detto della signora di cui non faccio il nome essendo rispettoso del gentil sesso- le avrebbero cagionato plurimi ostracismi.
Maurizio rideva alle mie battute su ‘questi qui’ e anche ‘madame’ non disprezzava ‘my sense of humor’, anzi mi aggiunse tante e tali ulteriori nozioni in capo a costoro, che in altra sede e in differente intervento, scritto o orale, politico o giornalistico, che dir si voglia, ritornerò presto, prestissimo, anziché no.
Adesso, però, la mano comincia ad avere il tremito della triste emozione, laddove persino le guance iniziano a solcarsi e bagnarsi di qualche lacrima sofferente, perché penso a Maurizio e mi rendo conto che non c’è più.
Eppure, chi ci ‘lascia’, dentro di noi rimane nel cuore, attraverso i ricordi, rifacendomi con la mente alla memoria di tanti e tanti momenti, passati assieme, come quando nell’ufficio di Lorenzo Cesa e con Pino Galati presente, tutti e tre avevamo concordato di tenere il mio nome riservato, quale soluzione per una ‘crisi politica’ dalla quale non si riusciva a venirne fuori.
In fondo chi ascende al cielo, non muore mica, rimane qui con noi, silenziosamente, ma pur sempre vivo, quasi fosse nella stanza accanto.
Ciao Maurizio.

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