Mar. Lug 16th, 2024

Dal lontano 1867 la sua luce orienta i naviganti sul “Heracleum Promontorium”

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Uno dei fari strategicamente più importanti d’Italia si trova sull’estremo tratto di terra peninsulare anticamente chiamato “Heracleum Promontorium”, oggi con poca fantasia “Capo Spartivento”. La stretta vallata dell’Aranghia separa Galati di Brancaleone con la sua Torre e questo promontorio, su cui sorge il faro di Capo Spartivento, in territorio di Palizzi. Qui secoli di storia intrecciano leggende e miti: qui Ercole giunto al punto estremo d’Italia si riposò dalle sue “fatiche”, qui si tramanda che Sant’Elmo vivesse in una grotta nei pressi del promontorio. Una notte in sogno gli apparve San Cristofaro con una lanterna, e gli ordinò di accenderla sugli scogli nelle notti di tempesta, per far orientare i naviganti e salvarli dagli scogli.

L’origine leggendaria del faro si racconta sia proprio dovuta a Sant’Elmo, e il faro ancora oggi domina dall’alto della sua torre, funzionante ma assolutamente non aperto al pubblico. L’occasione, unica e rara, di visitarlo dall’interno fino alla lampada, è dovuta all’impegno della Pro Loco di Brancaleone e del suo presidente Carmine Verduci. Il “guardiano del faro”, oggi farista o più burocraticamente “assistente tecnico nautico” Francesco Casile (reggente dei fari di Capo Spartivento e Capo d’Armi) ci ha guidato alla sua scoperta. L’accesso stradale parte dalla trafficata Statale 106, ma dopo pochi metri, ai primi tornanti strettissimi, si è immersi in un’impervia macchia mediterranea. Sembra di fare un salto nel tempo, tra il silenzio dei calanchi bianchi su cui ci si arrampica, come fossero preservati dal passare degli anni. L’ingresso nella torre è tramite una comoda stanza che si affaccia su una porta interna, dietro di essa una ripida scala a chiocciola in muratura. Salendo la scala diventa sempre più ripida e stretta, da una parte un corrimano in corda di fattura marinara e sull’asse centrale il vecchio meccanismo di rotazione della lampada, con contrappesi meccanici (oggi la rotazione avviene con un motore elettrico).

La prima accensione avvenne il 10 settembre 1867, uno dei due fari più antichi della Calabria, il piano focale è a 64,50 metri sul livello del mare, la portata originaria era di 40 chilometri (oggi è di 24 miglia, circa 45 chilometri), e nel tempo è stato anche un radiofaro a linguaggio Morse. Il funzionamento originario era a combustione di olio d’oliva, per poi diventare a nafta e infine a energia elettrica. Oggi basta una lampada di appena 10 centimetri da 1000 W, con accensione automatica grazie all’ausilio di sensori fotosensibili, e gestione con telecontrollo a distanza. La lampada fa il giro completo in 32 secondi emanando ogni 8 secondi lampi di luce. La Marina Militare annovera questo faro tra i cinque più importanti d’Italia, insieme alla Lanterna di Genova, il Faro della Vittoria di Trieste e i fari di S. Maria di Leuca e San Vito Lo Capo. Per ovvi motivi di riservatezza militare non è aperto al pubblico, ma basta passarci accanto per avvertire quel profumo romantico legato alla solitudine profonda di questi luoghi intrisi di storie umane e leggende immortali.

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