Mer. Ago 14th, 2024

Il direttore della Caritas di Oppido all’Avvenire: «Oltre 3mila persone “registrate” a dicembre. Sono 600 in più dell’anno scorso a vivere in questo inferno». Tutti nuovi schiavi per i caporali

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Sono i primi, attesi, effetti del “decreto sicurezza”. Si vedono nei ghetti e nelle baraccopoli di fortuna allestite nel Meridione, nei territori in cui i migranti senza diritti diventano schiavi per caporali e imprenditori senza scrupoli. L’Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana, ha sentito i direttori di alcune Caritas “strategiche”. E ha riportato incrementi previsti – ma forse non in tale entità – all’indomani dell’approvazione del decreto Salvini, che ha depotenziato gli Sprar mandando in strada centinaia di persone, espulse dal sistema dell’accoglienza regolare e trasformate in clandestini. Circa cinquecento vivono in questi giorni nella baraccopoli nelle campagne tra Rignano Garganico e San Severo, nel Foggiano, quello che chiamano il “Gran ghetto”. Le presenze sono quasi il doppio rispetto a quelle che negli anni passati, durante le festività natalizie, si sono registrate nell’accampamento della Capitanata. «Un numero destinato a crescere quando finirà la raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria, e centinaia di braccianti extracomunitari torneranno qui per poter lavorare nei campi di pomodori» commenta al quotidiano della Cei don Andrea Pupilla, direttore della Caritas diocesana di San Severo. «Ma l’incremento delle presenze è un effetto della nuova legge – commenta il sacerdote – perché i ghetti si riempiono quando Cara e Cpr si svuotano: basti pensare al Centro di accoglienza e per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone, presso Manfredonia, che da mille presenze oggi ne conta solo 200». Dove sono andati gli altri 800? Probabilmente nelle baraccopoli abusive diventando “merce umana” a disposizione dei caporali.
È accaduto lo stesso nelle baracche e nelle tende dei tre campi di San Ferdinando. Sono affollate più del solito: oltre 3mila persone a dicembre.

«Sono 600 in più dell’anno scorso a vivere in questo “inferno” e continuano ad arrivare – dice Vincenzo Alampi, direttore della Caritas di Oppido Mamertina-Palmi, all’Avvenire –, sono venuti qui per raccogliere mandarini da Lazio, Campania, Puglia e persino dal Piemonte, dormono sotto le tende nei sacchi a pelo o nelle baracche che si costruiscono da soli, sono approdati a San Ferdinando dopo la chiusura di vari Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e Cas (Centri di accoglienza straordinaria)». Gente che non ha niente, solo paura e fame, «e noi cerchiamo di aiutarli». Fino ad aprile rimarranno nel centro calabrese poi si sposteranno altrove per un’altra stagione in balia degli sfruttatori. «Migliaia di persone si butteranno nelle strade e nelle campagne – dice Alampi – e sarà una situazione ingestibile».
Come se non lo fosse già abbastanza, dopo mesi di tragedie registrate o soltanto sfiorate. Dopo l’assassinio di Soumayla Sacko, dopo la morte di Suruwa Jaithe in un incendio a inizio dicembre. La bomba sociale è pronta per esplodere ancora. Ed è (anche) lo Stato ad alimentare la portata della prossima deflagrazione.

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