Mar. Lug 16th, 2024

Una storia di impegno culturale e politico avvolta dal mistero e senza risposte.

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REGGIO CALABRIA – Lo chiamavano “il medico gentile”. Luigi Ioculano, noto a tutti come “Gigi”, curava i suoi pazienti e sognava di guarire la sua terra, Gioia Tauro, da quel male profondo e difficile da estirpare: la ‘ndrangheta. La sua storia è un viaggio tra impegno culturale e politico, ma si concluderà nel peggiore dei modi, avvolta nell’oscurità e senza risposte.

La Vita di Luigi Ioculano

Nato a Seminara nel 1941, Luigi Ioculano si trasferì da giovane a Gioia Tauro, dove crebbe, studiò e aprì il suo ambulatorio medico. Qui formò la sua famiglia, sposando Rosaria, e insieme ebbero due figlie, Simona e Ilaria. Tuttavia, il contesto in cui viveva, la Piana di Gioia Tauro, non era semplice da decifrare. La mentalità mafiosa permeava il territorio, consentendo alla famiglia Piromalli-Molè di espandersi sempre di più. Il porto della città, uno dei più grandi del Mediterraneo, e gli interessi nel settore sanitario attiravano l’attenzione dei clan, tra cui i Piromalli, i Pesce e i Bellocco. Queste potenze criminali cercavano alleati in una politica che sembrava fallire.

La Cultura come Arma di Riscatto

Luigi Ioculano vedeva nella cultura, nel dialogo e nell’ascolto gli elementi essenziali per la crescita sociale del territorio. Nel 1989, fondò l’associazione culturale “Agorà”, diventandone presidente e promuovendo eventi culturali e sociali. Non esitò mai a prendere posizione netta. Attraverso i suoi scritti, pubblicati in un periodico collegato all’associazione, denunciò apertamente gli interessi dei clan e difese i valori su cui aveva fondato la sua vita: legalitàverità e giustizia.

L’Assassinio e il Mistero

Nonostante la sua notorietà, il volto e il nome di Luigi Ioculano sono rimasti impressi nella memoria collettiva. Tuttavia, i suoi carnefici sono rimasti impuniti. L’inchiesta ha rivelato infiltrazioni ‘ndranghetiste attraverso un’attività di estorsione incisiva e capillare verso le società coinvolte nella gestione del termovalorizzatore. La sua morte rappresenta ancora una ferita aperta per chi ha sempre cercato la verità.

La storia di Luigi Ioculano, il “Peppino Impastato calabrese”, continua a suscitare domande e a mantenere viva la lotta contro la ‘ndrangheta. La sua passione per la cultura e la sua determinazione a combattere l’illegalità rimangono un esempio per tutti coloro che desiderano un cambiamento.

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