Dom. Ago 11th, 2024

“La prima volta che la incontrai lei mi raccontò che per passeggiare nell’orto di casa sua camminava con due guardie armate di mitra. È ancora così?”.
“No, è peggio. Con il tempo peggiora la situazione… Non vivo… non ho libertà. Dobbiamo stare attenti”.
Maurizio Costanzo ha dato il via così al confronto con il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, ospite del noto programma televisivo lo scorso mercoledì sera. Al suo arrivo tutti in piedi ad applaudire il magistrato anti-‘Ndrangheta, visibilmente emozionato per il tributo che gli ospiti sul palco e il pubblico del teatro Parioli di Roma gli hanno riservato.
“Sul finire degli anni ‘80 ho iniziato a fare indagini sulla ‘Ndrangheta connessa alla politica. Poi hanno sparato a casa della mia fidanzata. Le hanno telefonato per dirle che avrebbe sposato un uomo morto”, ha detto Gratteri, precisando di non essersi mai domandato chi glielo abbia fatto fare: “Sono scelte di vita, scelte di campo”.

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Compagni di scuola uccisi. “Io quando ero bambino e andavo a scuola con l’autostop ho visto i morti a terra – ha continuato -. Ho visto compagni di scuola a terra”. Mentre parlava la voce del procuratore si spezzava e con un nodo alla gola è riuscito solo ad annuire quando Costanzo gli ha chiesto: “Ed è lì che lei ha deciso che avrebbe fatto questo mestiere?”. “Si… – ha risposto commosso Gratteri -. È una vita pesante ma non è questo l’importante. Io penso che si debba continuare a fare ciò che abbiamo scelto. Nella vita ogni cosa ha un prezzo. Bisogna anche parlare con la morte e addomesticarla”.

L’attentato. È di poche settimane fa la notizia circa il progetto della criminalità organizzata calabrese di far saltare in aria il procuratore di Catanzaro: piano di morte che si sarebbe dovuto consumare lungo il tragitto che collega l’abitazione del magistrato al suo ufficio. Un allarme lanciato dai servizi di sicurezza a cui è susseguito l’innalzamento del livello di scorta di Nicola Gratteri.

I gattopardi. Nel corso dell’intervista Costanzo e Gratteri hanno poi parlato del trentennale della strage di Capaci. “Alla commemorazione abbiamo assistito al rito dei gattopardi – ha tuonato il procuratore della Dda di Catanzaro -. Ricordo quando venne Falcone nella sua trasmissione  e c’erano delle persone che lo attaccavano in diretta. Gli dicevano che era scappato, fuggito, che doveva tornare a Palermo come se fosse andato a Roma ad imboscarsi, quando invece si era trasferito nella Capitale perché gli era stato impedito di lavorare a Palermo. Era andato al Ministero di Grazia e Giustizia, direttore generale affari penali, per fare delle normative che poi dopo la sua morte sono state attuate dalla politica. E ricordo perfettamente quando lo hanno attaccato, quando gli dissero che nascose le informative nei cassetti, per esempio”. E ancora: “I gattopardi sono quelli che lo hanno attaccato e poi sono saliti sui palchi per le commemorazioni. A Palermo c’è stata la commemorazione di Falcone, ma anche il rito dei gattopardi. Ci sono ancora gattopardi vivi che salgono sui palchi per commemorare Falcone, quando quest’ultimo è stato deriso, sghignazzato, gli hanno detto che era un montato, uno sceriffo e tanto altro. ‘Post mortem’ è facile salire sul carro dei vincitori. Se non ricordo male l’unico che ha chiesto scusa è stato il sindaco Leoluca Orlando. Altri non ne ho sentiti. Anzi, con la faccia di bronzo hanno continuato imperterriti e sono saliti sull’altro carro quando si sono accorti che c’è stato un movimento popolare. Così come accade oggi quando si accorgono che ragazzi e bambini che non erano nati e non l’hanno conosciuto sfilano per Falcone. E quindi cinicamente hanno capito che era conveniente manifestare ed elogiare il giudice”. Una cosa triste, ha detto Nicola Gratteri perché purtroppo “i morti non possono parlare e non si possono difendere. E quindi bisogna avere il coraggio e l’onestà intellettuale di parlare anche a costo di essere antipatici o non graditi al manovratore. È un problema di coscienza. Stare zitti è complicità”.

L’attacco alle riforme. “Devo dirvi con tristezza che le riforme fatte quest’anno non immaginavo di poter leggere queste cose. C’è un’aria di restaurazione, di liberi tutti. È un momento brutto per il contrasto alle mafie, alla criminalità organizzata e a quella comune. È un momento in cui la magistratura è molto debole. Sono stati fatti degli errori e la magistratura non ha avuto il coraggio di autoriformarsi. Quindi in questo momento c’è una sorta di vendetta della politica nei confronti della magistratura dopo 30 anni”. Pesano le parole con cui il procuratore Gratteri fa riferimento a quanto sta avvenendo all’interno del Parlamento. “Oggi si stanno facendo modifiche normative in un Parlamento gestito da 8/10 persone – ha continuato -. Nel mentre c’è un governo il cui premier Draghi è un esperto di finanza. Ma quando parliamo di sicurezza o di riforma della giustizia non ci siamo proprio”.

E ancora: “Viviamo in un Paese in cui c’è bisogno di mafia. Le mafie esistono perché si relazionano con la collettività. Hanno bisogno del consenso popolare. Esistono perché interagiscono con la collettività, altrimenti sarebbero criminalità organizzata, comune e gangsterismo – ha detto -. La mafia dà risposte che lo Stato non dà soprattutto nelle zone emarginate e quindi lì trovo quanta manovalanza voglio. E in questo il Covid-19 ha fatto scuola”. Le mafie, inoltre, hanno pacchetti di voti. “Se io capomafia controllo il 20% dei voti sono in grado di spostare gli equilibri per la candidatura di un sindaco ad esempio – ha proseguito -. E premettendo che le mafie non hanno ideologie, non sono né di sinistra né di destra, puntano sul cavallo vincente e il loro obiettivo è quello di interagire e amministrare il Comune in cogestione con la politica”.

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