Mer. Lug 17th, 2024

Martino Ceravolo continua a chiedere la verità sull’omicidio del figlio, vittima innocente della faida tra i clan delle Preserre vibonesi. E il suo avvocato scrive alla Dda: «Non intende più aspettare e potrebbe compiere azioni eclatanti». 

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Martino Ceravolo e la moglie Anna non trovano pace. Difficile pensare che qualsiasi genitore possa riuscirci quando un figlio viene strappato alla vita a soli 19 anni, vittima innocente della violenza dei clan della ‘ndrangheta. Filippo è stato ucciso il 25 ottobre del 2012 sulla strada che collega Soriano a Pizzoni, nel Vibonese, ma sebbene dalle indagini sulla sua morte – poi archiviate – sia emersa «tutta una serie di dati, anche seri, di sospetto circa la probabile partecipazione degli indagati all’agguato», i sospettati, coinvolti nella faida tra i clan delle Preserre, non sono ancora stati assicurati alla giustizia. Intanto Martino e Anna continuano a invocare verità e giustizia, ma più passa il tempo e più la disperazione si fa strada nel loro animo, tanto da indurli più di una volta a pensare di mettere in atto gesti estremi. Ciò è successo fino ai giorni scorsi, così il loro legale, l’avvocato Giovanna Fronte, ha scritto alla Dda di Catanzaro – in particolare al procuratore Gratteri e ai pm Falvo, Mancuso e Frustaci – esponendo agli inquirenti la situazione drammatica che stanno vivendo i suoi assistiti.
«Da qualche mese – scrive l’avvocato Fronte – ricevo presso il mio studio il Signor Martino Ceravolo il quale mi rappresenta la sua volontà di compiere gesti estremi poiché non riesce a sopportare l’idea che il fascicolo delle indagini per l’omicidio di Filippo sia stato archiviato». L’archiviazione del procedimento penale sull’omicidio di Filippo, avvenuta nel maggio del 2016, appare agli occhi dei genitori «come una sorta di totale volontà di accantonare irrimediabilmente e definitivamente il caso, nonostante più volte siano state fornite delle rassicurazioni».
«Da quando è venuta a mancare la collega che mi ha egregiamente preceduta, l’avvocato Turcaloro, ho cercato di convincere il Ceravolo – scrive ancora il legale della famiglia – a desistere da azioni eclatanti e di avere fiducia nel pool di magistrati della distrettuale che si occupano del caso e del vibonese. Credo però che la situazione mi sfugga di mano in quanto il Ceravolo non intende più aspettare e comunque ascoltare i miei consigli e giusto nella giornata del 2 luglio scorso mi rappresentava ulteriormente le sue intenzioni scendendo anche nei particolari della fattibilità del gesto che ritengo estremamente pericoloso per la sua incolumità personale».
Filippo Ceravolo, è emerso dalle indagini, è stato ucciso dai pallettoni della ‘ndrangheta solo perché aveva chiesto un passaggio alla persona sbagliata, Domenico Tassone, 30enne ritenuto vicino al clan Emanuele che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il vero bersaglio dei sicari della cosca rivale dei Loielo.

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