La settimana scorsa ho preso spunto da un’onda di ricordi sollecitati da alcune foto “amarcord” per evidenziare il salto nel buio fatto da Siderno soprattutto negli ultimi anni.
Continua....
Non mi è mai piaciuto lasciarmi andare a malinconie che non fossero da stimolo per le future azioni (mi viene da dire generazioni ma passerei per presuntuoso).
Il futuro di Siderno, a mio sommesso parere, passa da quello dello sviluppo comprensoriale. Siamo piccoli, piegati su noi stessi, abbiamo bisogno invece di respiro ampio e pensiero agile. La costa, la Locride intera va riprogettata in quest’ottica, senza particolarismi e ripetizioni (se Locri ha un bel teatro è inutile che lo abbia anche Siderno alla quale spetterà avere, ad es. un bel palazzetto dello sport). La conurbazione è essenziale e va pensata con opere pubbliche che rendano piacevole la vita sociale e rapidi i trasferimenti, che pensino al benessere del singolo, alla sua tranquillità. Ogni cosa, piazza, via, opera, pubblica in genere deve essere funzionale e far parte di un unico piano strutturale, finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo. E qui bisogna capire cosa si vuol fare della Locride. Quale sarà il volano di sviluppo? Il turismo? L’agricoltura? L’uno e l’altro? Io personalmente penso che l’idea più proficua sia quella della “strada della Magna Graecia”. La famigerata 106, con le sue lentezze borboniche che obbligano a rallentare ed andare piano (non più lentezza e ritardo nel muoversi ma passo lento per gustare la bellezza), può diventare il filo rosso fra i paesi che sono stati la culla della civiltà magnogreca. Lo si è fatto sulla costiera amalfitana, un budello fra mare e roccia che invece di scoraggiare il turismo lo attrae, perché non farlo anche noi? Il bergamotto al posto del limone di Sorrento credo non sia poi un’idea tanto sbagliata.
Bisogna avere le idee chiare, soprattutto in considerazione del fatto che il periodo medio per una progettazione di tal fatta, comprensoriale, per l’acquisizione dei fondi e l’inizio delle opere è pari ad un decennio, ad essere ottimisti (il lasso temporale non è buttato a caso ma fa parte di un’idea che si sta sviluppando con l’Università della Calabria). Ecco questa penso che sia la vera sfida della Locride, non sconfiggere la mafia ma avere la cultura del bello e possibile. Siamo in grado di farlo? Lo sforzo richiede amministratori illuminati, che non badino ai particolarismi, agli interessi di bottega, che pensino alle prossime generazioni e non alle prossime elezioni.
Giuseppe Caruso
VOLO