Mer. Lug 17th, 2024

L’accusa è di estorsione con metodo mafioso, fermato anche il genero Pasquale Barbaro

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La notizia risale al 3 maggio ma è trapelata solo oggi. A renderla nota è Klaus Davi (già consigliere comunale di San Luca) sulla sua pagina Facebook che l’ha appresa da alcuni congiunti della famiglia Nirta: Giovanni Luca Nirta è detenuto dal 3 maggio scorso, prima presso la Casa Circondariale di Locri mentre ora si trova ristretto ad Ancona. Indicato dagli inquirenti a seguito di condanne definitive come elemento apicale dell’omonima cosca di San Luca. L’accusa è di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Con lui, agli arresti è finito il genero Pasquale Barbaro, che risulta attualmente latitante. Nelle carte è citato anche l’imprenditore Raffaele Gerbi titolare della Gerbi Group spa che ha sede legale a Milano in Corso Venezia 5, è riportato nell’ordinanza.

La Procura accusa Nirta di estorsione dopo che un legale con studio a Locri ha presentato denuncia nei riguardi del presunto boss. Nel verbale agli atti, l’avvocato di Locri denuncia i Nirta per avergli intimato la consegna di un milione di euro in occasione di un incontro avvenuto a Locri nel suo studio cui erano presenti Nirta e Barbaro minacciando – riporta l’ordinanza del fermo – ritorsioni fisiche e professionali in caso di rifiuto. L’ordinanza precisa nondimeno “evento non verificatosi per cause indipendenti dalla loro volontà ovvero per la ferma opposizione della vittima che ha subito denunciato”.

L’indagine curata dai Carabinieri di Locri riporta che “la vicenda ritorsiva oggetto del procedimento ruota attorno alla procedura risarcitoria relativa a lesioni riportate dal figlio di Nirta Giovanni Luca. In quanto l’avvocato in questione che ha denunciato Nirta in quanto specializzato nelle procedure risarcitorie per macro lesioni e in quanto in rapporti professionali con l’imprenditore Gerbi, aveva subito forti pressioni per assistere gratuitamente (con rinuncia quindi agli onorari) il figlio di Nirta Giovanni Luca”.

Agli atti numerose intercettazioni e interrogatori finalizzati a definire e chiarire meglio i contorni della vicenda. Secondo quanto dichiarato dalla persona estorta, in occasione dell’incontro a Locri, il Nirta gli ha intimato “io sono qui perché Raffaele (Gerbi ndr) è un amico tu gli devi dare un milione di euro e glielo devi dare subito. Se non gli dai i soldi io ti rovino non ti faccio più scendere a Locri non ti faccio entrare in casa tua se non gli dai i soldi te la devi vedere con me”.

Un recupero crediti piuttosto virulento e decisamente minaccioso svolto per conto dell’imprenditore Raffaele Gerbi (il quale in sede di interrogatorio ha però negato categoricamente di aver ‘commissionato’ a Nirta l’azione estorsiva). E appare evidente dalle carte e dalle verifiche degli investigatori che Gerbi non sapesse nulla di questo incontro e della richiesta di Nirta a suo nome. 

Nirta è indagato per tentata estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 416 comma 1 del codice penale, ossia appesantito dalla aggravante mafiosa. Secondo il legale di Nirta, avvocato Cosimo Albanese (foro di Locri): “Le motivazioni che hanno spinto il mio cliente Nirta Giovanni Luca a incontrare il legale che ha denunciato l’episodio sono state relative alla trattativa di una pratica risarcitoria per la quale ha ricevuto una somma di 3 milioni di euro di danni”. “Originariamente – spiega Albanese a Davi – alla pratica si era interessato anche l’avvocato, proprio colui che ha sporto la denuncia. Il medesimo avvocato ha pensato, però, di essere stato bypassato da un altro avvocato di fiducia del Nirta nello svolgimento di questa pratica alla quale sembrava tenere particolarmente. In realtà il Nirta aveva ormai consolidato da anni un rapporto con l’avvocato Zerbi per cui scelse di affidare a lui la pratica e non all’avvocato che poi lo ha denunciato”, precisa l’avvocato Albanese. “A questo punto proprio per la gestione di questa pratica – aggiunge Albanese – sarebbero sorti i contrasti tra Zerbi e l’avvocato in questione. Un contrasto che avrebbe provocato dissapori e fraintendimenti al punto tale che Nirta si sarebbe recato nello studio del denunciante per diffidarlo dal rivendicare alcunché nei riguardi della sua famiglia. Un contenzioso di natura squisitamente civilistica sarebbe sfociato quindi in una accesa diatriba culminata poi in una denuncia per estorsione”, sostiene il legale.

“Le nostre iniziative sono quelle di dimostrare che in epoca successiva a questo accanimento non ci sono stati, diciamo, altri rapporti fra il Nirta e il legale e tantomeno pressioni di alcun genere o richieste di nessuna natura. I Nirta sostengono – nella fattispecie il cognato Antonio Nirta – di aver affidato una ulteriore pratica (relativa alla scomparsa del figlio di 10 anni in tragiche circostanze) peraltro molto delicata all’avvocato in questione il quale non l’avrebbe respinta a detta di Antonio Nirta”, riferisce il legale. Se così dovessero stare veramente le cose, secondo Albanese non si spiega come mai il denunciante avrebbe accettato di gestire la pratica del cognato di Giovanni Luca Nirta e per di più successivamente all’incontro avvenuto nel suo studio.

L’avvocato Albanese fa sapere di avere presentato ricorso presso il Tribunale della Libertà il quale dovrebbe prendere una decisione entro una decina di giorni. “Sulla base di una valutazione di tutte le carte che allo stato ovviamente sono costituite soltanto sostanzialmente dall’ordinanza di custodia cautelare che contiene le intercettazioni e i contenuti delle denunce e degli interrogatori” dichiara il legale. 

Nell’ordinanza tuttavia si legge: “Alla luce delle dichiarazioni rese da Gerbi Raffaele (che ha ammesso di non aver percepito onorari per la pratica di Nirta) e delle intercettazioni riportate non può dubitarsi in alcun modo di quanto dichiarato dall’avvocato locrese vittima dell’estorsione allorquando riferiva dalla richiesta rivoltagli dall’avvocato Francesco Maria (uno dei legali dei Nirta) di accettare gratuitamente il mandato in favore del figlio Nirta Giovanni Luca. Altrettanto evidente che l’avvocato Maria dopo il rifiuto dell’avvocato Maio si rivolgeva per il tramite dell’avvocato Giampaolo al Gerbi il quale consensiva di assistere gratuitamente il Nirta ben consapevole della loro caratura mafiosa”. Gli inquirenti aggiungono inoltre che: “Le dichiarazioni si caratterizzano per esaustività, genuinità e coerenza avendo trovato preciso riscontro nelle ulteriori attività anche di intercettazioni avviate su tutti i protagonisti della vicenda”. 

La parola ora al Tribunale della Libertà e agli inevitabili sviluppi investigativi e processuali.

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