Mer. Ago 14th, 2024

Calabria e Sicilia restano tra i luoghi più amati dalla Caretta Caretta

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Domani, 16 giugno, si celebra la giornata mondiale delle tartarughe marine e sono già una dozzina i nidi censiti dal network tartarughe marine del Wwf in Sicilia (proprio in queste ore sono in corso le operazioni di verifica e messa in sicurezza degli ultimi), e uno in Calabria. Il Mediterraneo, – spiega l’associazione – sebbene rappresenti solo una piccola percentuale della superficie totale degli oceani, lo 0.82%, ospita una straordinaria varietà di vita marina. Con oltre 17.000 specie diverse, questa regione è un importante hotspot di biodiversità marina. E tra questa vasta varietà di specie, le tartarughe marine occupano un posto speciale. Nel Mediterraneo, tre specie di tartarughe marine hanno fatto di queste acque la loro casa: la tartaruga comune (Caretta caretta, l’unica che vi si riproduce), la tartaruga verde (Chelonia mydas) e la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea).

Nel Mediterraneo, le tartarughe marine nidificano principalmente lungo le coste orientali del bacino (Grecia, Turchia), mentre in Italia, la Caretta caretta nidifica regolarmente lungo le coste meridionali, in primis di Sicilia e Calabria. Negli ultimi cinque anni si è registrato un aumento del numero dei nidi in Italia, grazie soprattutto alla infaticabile attività di controllo e monitoraggio delle spiagge da parte dei volontari. Sono circa 8.000 i nidi dell’intero Mediterraneo, e anche se quelli censiti sui litorali italiani non superano in genere il centinaio, i mari intorno all’Italia rivestono comunque un’importanza cruciale per la popolazione di tartarughe marine. Nel 2022 il Wwf Italia ha monitorato 57 nidi di Caretta caretta: 24 in Sicilia, 20 in Calabria, 10 nell’Arco Ionico, tra Basilicata e Puglia, e 3 in Toscana.  

Ma queste magnifiche creature sono minacciate: l’inquinamento da plastica soffoca le sue acque, con 570.000 tonnellate di plastica che finiscono in mare ogni anno. Circa il 18% di questi rifiuti proviene da attività di pesca, acquacoltura e navigazione, compresi gli attrezzi da pesca persi o abbandonati noti come “ghost gear” che continuano a catturare e danneggiare la flora e la fauna marine.

(Ansa)

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