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“PERCHE’ I TAMBURI ALLA FESTA DI SAN ROCCO DI GIOIOSA JONICA?”

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{Una innovazione degli anni 60′ dello scorso secolo che ha trasformato la festa di Gioiosa Jonica.}

Articolo del Dott. Flavio Garreffa  – Storico dell’Arte

Quando parliamo di Gioiosa Jonica tra gli abitanti della Locride viene subito alla mente il pensiero per San Rocco e per il grande mercato domenicale.
La festa di San Rocco a Gioiosa Jonica rappresenta la manifestazione religioso – folclorica piu’ attesa nella Locride e nelle province di Reggio Calabria e Catanzaro.
Il culto verso il pellegrino taumaturgo di Montpellier nella cittadina piu’ importante e grande della Vallata del Torbido, affonda le sue radici alla fine del XVII secolo.
Dalla venerazione al Martire Sebastiano si passo’ a quella di San Rocco, probabilmente in seguito al contagio pestilenziale diffuso in tutta la provincia di Reggio Calabria, da una nave approdata nel porto di Messina proveniente dall’oriente.
Ma non voglio dilungarmi negli aspetti storici che hanno portato alla proclamazione di San Rocco a Patrono principale di Gioiosa Jonica, bensi’ a quella che ormai e’ conosciuta in tutta Italia come la processione al ritmo di tamburi.
Questo strumento non faceva assolutamente parte dell’antica e storica tradizione gioiosana bensi’ fu introdotto alla fine degli anni 60′ dello scorso secolo da Don Natale Bianchi, il sacerdote comunista che fu ridotto allo stato laicale dal santo vescovo di Locri-Gerace, Mons.Francesco Tortora, per via delle sue idee che andavano in netto contrasto con la dottrina e gli insegnamenti della Chiesa.
Proprio per questo suo bisogno di ribellione sessantottina introdusse l’innovazione del suono dei tamburi nella processione di San Rocco per dare un senso di velata ribellione all’autorita’ ecclesiastica.
La cosa prese piede a tal punto oggi da essere considerata “tradizione” da preservare e tutelare.
Don Bianchi fu anche l’artefice della distruzione del presbiterio e degli altari laterali della chiesa bellissima di San Rocco.
Insomma un prete ribelle che ha reso una festa secondo lo stile contestatario filo sessantottino, interpretando erroneamente i dettami del Concilio Vaticano II.
Oggi i tanti ragazzi e giovani che gridano: “Roccu, Roccu, Roccu, evviva Santu Roccu”, non sanno neanche chi sia il santo di cui con tanta enfasi pronunciano il nome, eppure ormai i gioiosani la festa la vogliono cosi’.
Solo negli anziani e nelle persone piu’ sagge del paese si conserva la cara memoria di quel ballo devozionale e sincero che si faceva a piedi scalzi da donne, uomini e persone di ogni ceto sociale, sotto il sole cocente di fine agosto al ritmo dolce di zampogne e pipite, gli strumenti della civilta’ contadina calabrese.
San Rocco intorno alle ore 15 rientrava nella sua chiesa e i gioiosani pranzavano mangiando le tipiche melanzane ripiene aspettando la sera per assistere i fuochi d’artificio.
Possiamo dunque parlare di tradizione di tamburi?
Credo si possa definire uno stravolgimento della vera tradizione.

Gioiosa Jonica (RC)
26 Agosto 2018

Dott. Flavio Garreffa

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