Non ci sarebbe stato l’impero di Alfonso Annunziata senza l’appoggio del clan Piromalli. Ne è convinto il pubblico ministero Roberto Di Palma che, nella giornata di ieri, ha chiesto 17 anni di carcere per il famoso imprenditore di San Giuseppe Vesuviano, ma da decenni trapiantato a Gioia Tauro.
Continua....
Una richiesta pesante, quella del rappresentante della Procura antimafia di Reggio Calabria, che è comunque la fisiologica conseguenza della ricostruzione effettuata durante la lunga requisitoria.
Di Palma, inoltre, ha chiesto la condanna degli altri imputati finiti nell’inchiesta “Bucefalo”, tutti parenti di Alfonso Annunziata: 3 anni per Domenica Epifanio, Valeria Annunziata 4 anni, Rosa Anna Annunziata 3 anni, Marzia Annunziata 3 anni, Carmelo Ambesi 3 anni, Fioravante Annunziata 5 anni, Claudio Pontoriero 5 anni, Roberta Bravetti 5 anni, Andrea Bravetti 3 anni.
Secondo la tesi prospettata dagli inquirenti, dalle indagini sarebbe emersa l’esistenza «di un indissolubile rapporto di sinergia economico-criminale» tra l’imprenditore e la cosca Piromalli.
Ad aprile dello scorso anno, l’imprenditore di origine campane è stato sentito come testimone e due giorni dopo è stato scarcerato. Era detenuto da due anni. Annunziata ha asserito di essere vittima della ‘ndrangheta non un partecipe. L’uomo, infatti, ha dichiarato di avere sempre pagato il pizzo raccontando la sua storia imprenditoriale a Gioia Tauro, prima e dopo l’intimidazione del 1987, che lo aveva portato a lasciare la città del porto per tornare a San Giuseppe Vesuviano. Secondo quanto affermato dall’imputato in udienza, per decenni avrebbe pagato 50 milioni di lire sia ai Piromalli che ai Molè. Con l’avvento dell’euro la cifra si sarebbe trasformata in 25mila euro per i Piromalli e 38 dati direttamente a Rocco Molè, che avrebbe chiesto un aumento dell’estorsione.
Un fiume di denaro pagato ai due potenti clan della città del porto fino al 2008, quando fu ucciso Rocco Molè. Da quel momento in avanti, ha dichiarato Annunziata, nessuno è più andato a chiedergli nulla. Una tesi che non ha mai trovato sponda nella ricostruzione della Procura antimafia che nella fase d’indagine e per tutto il processo ha continuato a sostenere la cointeressenza di interessi tra Annunziata e i Piromalli, una vicinanza di interessi che avrebbe permesso all’imprenditore di poter prosperare economicamente non solo a Gioia Tauro, ma anche in altre parti della Calabria, come per esempio a Vibo dove ha sede il secondo parco commerciale che porta il suo nome.
Una posizione, quella dell’accusa, che ha portato il procuratore aggiunto Gaetano Paci e il sostituto Di Palma ha chiedere e ottenere al Tribunale misure di prevenzione la confisca dell’intero patrimonio riconducibile ad Alfonso Annunziata, un tesoro di circa 250 milioni di euro.
Nelle prossime settimane toccherà agli avvocati degli imputati con le arringhe difensive. Infine, la parola passerà ai giudici del tribunale di Palmi che dovranno emettere la sentenza.
Nelle prossime settimane toccherà alle arringhedegli avvocati difensori.
(FONTE GAZZETTA DEL SUD)