Mer. Lug 17th, 2024

Il racconto di quanto avveniva nell’ospedale di Reggio nell’ordinanza che ha “assolto” il medico responsabile della diffusione delle immagini su una chat. Le criticità denunciate e non ascoltate dai vertici dell’Azienda. Tra cui l’allagamento del reparto con liquami delle fogne. La memoria difensiva: «Negli anni ricevute molte foto di pazienti trattati senza immobilizzazioni adatte»

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Il ricorso ai “gessi di cartone” nell’ospedale di Reggio Calabria sarebbe documentato già a partire dal 2015. L’utilizzo di materiale di fortuna per i bendaggi dei pazienti ortopedici del Grande ospedale metropolitano non sarebbe avvenuto esclusivamente nel luglio del 2018, quando scoppiò lo scandalo che ebbe una risonanza nazionale. L’insolita pratica avrebbe avuto inizio almeno tre anni prima. Ma l’uso dei cartoni sarebbe solo uno dei tanti problemi dell’Ortopedia del Gom, che negli anni scorsi avrebbe anche dovuto fare i conti con l’allagamento del reparto «con liquami provenienti dalle fogne sottostanti» e con il rischio di sbagliare le terapie «per il sovraccarico di pazienti in sovrannumero in barella nel corridoio».

IL RICORSO Ad aprire uno squarcio su quanto avveniva nell’ospedale reggino è il ricorso presentato da Domenico Caminiti, il medico ortopedico sospeso dal servizio per 6 mesi senza retribuzione per aver postato due foto di pazienti immobilizzati con cartone” in una chat intersindacale, alla cui partecipavano anche soggetti non dipendenti del “Riuniti”.
Caminiti, in servizio a Reggio dal 2011, è anche un componente della delegazione trattante aziendale in rappresentanza del sindacato Fvm-Smi.
Il giudice del lavoro di Reggio Francesca Patrizia Sicari, con una ordinanza firmata lo scorso 14 aprile, ha annullato la sanzione a carico di Caminiti per via di alcuni errori di notifica e condannato l’azienda al pagamento delle spese legali – pari a 3.337 euro – a favore del medico.
La parte più saliente è però quella che riguarda la memoria difensiva dello stesso Caminiti, inserita nell’ordinanza del Tribunale.
Il racconto del medico – accusato di aver tenuto una «condotta non conforme alla disciplina in materia di pubblico impiego» e capace di «incrinare il vincolo fiduciario» con l’azienda – elenca le tante criticità di un reparto che appare in perenne emergenza.

LA CONTESTAZIONE La contestazione d’addebito nei confronti di Caminiti risale al 28 agosto scorso, circa un mese dopo lo scoppio del caso. L’Azienda rimprovera al medico di aver «provveduto ad effettuare una o più fotografie dell’arto “steccato da cartone di fortuna”» e di aver poi inviato «la o le foto ad una chat intersindacale, a cui partecipano anche soggetti non dipendenti di questa Azienda ed il cui circuito consente l’accesso anche a persone non dipendenti dello stesso Gom». Subito dopo, «tali fotografie sono apparse inopinatamente su organi di stampa, con commenti che hanno screditato questa Azienda agli occhi dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale, generando potenziale allarme e causando al Gom un rilevante danno d’immagine, derivante dalla divulgazione di tali fotografie».
I vertici dell’ospedale, all’epoca guidato da Frank Benedetto, ammettono l’esistenza di soli due casi di pazienti trattati con cartone: quello di C.A., «già immobilizzato sul luogo dell’incidente con “cartone”», e quello di O.G., «soccorsa sul luogo dell’incidente dal 118 dell’Asp territoriale, dove gli stessi operatori avevano applicato un tutore con anima di metallo (non radiotrasparente)».
Per Caminiti, sentito a difesa il 24 ottobre successivo, le cose stanno però diversamente. Per quanto riguarda la paziente O.G., in particolare, «non corrisponde al vero che il tutore o precisamente la “steccobenda” in dotazione al 118 non sia radiotrasparente e abbia l’anima in metallo, bensì come dispositivo medico omologato e in dotazione all’ambulanza del 118 il tutore o “steccobenda” è fornito di stecche rigide in bambù e risulta essere radiotrasparente (…) e di cui, stranamente, chi ha eseguito l’“indagine” non si è avveduto». È «evidente», a parere di Caminiti, che «l’indagine svolta è lacunosa ed inidonea a sostenere il presente procedimento», visto che «non risulta in alcun modo giustificabile la rimozione di un presidio medico conforme alla normativa sanitaria (…) per sostituirlo con “mezzi di fortuna” (rectius cartone). Per il medico, inoltre, è «erronea» anche la ricostruzione che l’azienda ha fornito sul caso del paziente C.A.

LE DENUNCE INASCOLTATE Caminiti torna indietro nel tempo e, nella sua memoria, mette in fila tutte le denunce che nel corso degli anni i vertici aziendali si sarebbero rifiutati di ascoltare. Il medico ricorda, tra le altre cose, l’incontro tra l’intersindacale del Gom e il sindaco di Reggio Falcomatà (26 giugno), «per denunciare le criticità assistenziali della rete emergenza urgenza e traumatologica con le possibili ripercussioni sulla popolazione con il possibile rischio di perdita di vite umane e l’assoluta sordità al confronto da parte della Direzione aziendale alla richiesta d’incontri sul tema».
Caminiti rammenta anche di essere stato contattato telefonicamente dal direttore del reparto di Ortopedia, Gaetano Topa, quello stesso primario che, poche ore dopo la diffusione delle immagini dei pazienti bendati con il cartone, aveva rilasciato diverse interviste per dichiarare la presunta falsità della notizia.
Caminiti, tuttavia, spiega che Topa lo avrebbe esortato «a prendere posizione come delegato aziendale sindacale» e «denunciare le gravi carenze organizzative e assistenziali nella rete urgenza traumatologica della provincia e la grave assenza del medico di guardia attiva in reparto la sera dalle 20 alle 08 nell’Uoc Ortopedia e Traumatologia».

LA CHAT Nella memoria, inclusa nel ricorso giudiziario, Caminiti riporta pure i contenuti di una chat tra Benedetto e il sindacalista Anaao-Assomed Gianluigi Scaffidi – «autore due giorni dopo di denuncia alla stampa e stesso soggetto individuato, nella nota che si riscontra, come soggetto appartenente alla “chat intersindacale” non dipendente di questa Azienda» – nella quale l’allora dg ammetterebbe la non disponibilità delle “docce pneumatiche” ortopediche in Pronto soccorso.

«CRITICITÀ NOTE DA ANNI» Le criticità «erano ben note da anni ai dirigenti aziendali». Nella memoria si fa riferimento a una nota protocollata (la numero 33) del 5 giugno 2015, indirizzata a Benedetto (che allora era ancora commissario dell’Azienda) e allo stesso Topa. Nell’atto, Caminiti «relazionava in merito a quanto accaduto in una notte di “ordinaria” criticità (riferimento ad assenza, sin da allora, di valve gessate in Pronto soccorso nonché indisponibilità di posti letto ed altro…) al fine di contribuire al miglioramento della qualità assistenziale erogata dalla Uoc». La nota, però, «rimaneva inevasa».
E sarebbero rimaste «inevase» anche altre note (del novembre e del dicembre 2016) «sulla consuetudine del ricovero dei pazienti in sovrannumero in corridoio senza i requisiti minimi necessari e la violazione della privacy con il potenziale rischio di errori clinici assistenziali». Nessun seguito, inoltre, rispetto alla denuncia «di un infermiere che stava per somministrare la terapia insulinica a un paziente non diabetico, tra le concause denunciate la presenza di 7 barelle di pazienti in corridoio che l’aveva indotto a confusione ed errore, errore sventato per fortuna dal parente dell’assistito».

«STAMPA MALE INFORMATA» Nella sua difesa, Caminiti sottolinea i suoi doveri di sindacalista e puntualizza il fatto di non aver rilasciato interviste ai giornali che si sono occupati del caso, «neppure dopo che organi di stampa ovviamente “male informati” hanno tacciato la vicenda come “fake news”».
«L’assenza di alcun tornaconto personale» e «l’intenzione esclusiva di tutelare la salute dei pazienti senza nuocere all’Azienda» sarebbe inoltre dimostrata dal fatto che Caminiti, malgrado negli anni «abbia più volte ricevuto foto di trattamenti di pazienti trattati in Pronto soccorso senza immobilizzazioni adatte, senza valve gessate o senza tutori di contenimento e più volte anche con cartoni marcati da farmaci ospedalieri», non ha «mai divulgato tali documenti e foto agli organi di stampa».
Di più: Caminiti non ha consegnato alla stampa «le immagini e la relazione scheda d’incident reporting in merito all’allagamento del reparto di ortopedia con liquami provenienti dalle fogne sottostanti causato da tombini collocati sotto il linoleum del reparto»; il caso «dell’infermiere che rischia di sbagliare la terapia per il sovraccarico di pazienti in sovrannumero in barella nel corridoio»; «le immagini e la corrispondenza con i vertici aziendali in merito ai ricoveri di pazienti in sovrannumero in barella nel corridoio»; «le conversazioni intercorse tra i vertici aziendali ed anche con soggetti estranei all’Azienda» sulle criticità aziendali.
Oltre alla sanzione disciplinare, poi annullata, a carico di Caminiti, gli allora vertici del Gom avevano annunciato querele per il presunto danno d’immagine subito dall’Azienda.

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