Ven. Nov 22nd, 2024

La riflessione dell’eremita madre Mirella Muià

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La festa dei santi patroni celebrata a Gerace è una celebrazione con radici profonde e uniche, distinguendosi nettamente dalle altre feste patronali del periodo. Durante la processione sono state portate le statue dell’Immacolata, patrona della diocesi di Locri-Gerace, di Sant’Antonio di Gerace (o del Castello), il reliquiario di Santa Veneranda, e, come da tradizione degli ultimi anni, un dipinto di San Jeiunio, noto anche come san Giovanni il digiunatore.

Oltre a questi, viene ricordato San Filippo d’Agira (o d’Argirò), il cui monastero originario in Sicilia ha dato origine a un altro monastero a Gerace. Questi santi locali, in particolare gli eremiti Sant’Antonio del Castello e San Jeiunio, simboleggiano il dialogo tra la Chiesa cattolica occidentale e la Chiesa ortodossa orientale.

Madre Mirella Muià, una religiosa che da oltre vent’anni vive in eremitaggio nelle campagne di Gerace pregando per l’unità dei cristiani, ha scritto una lettera ai geracesi in occasione della festa. Nella sua missiva, sollecita a ricordare il valore della memoria dei santi, in particolare degli eremiti, che lei considera i veri padri di Gerace. Ricorda che sia Santa Veneranda (Parasceve), il cui culto risale ai primi secoli del cristianesimo, sia i monaci dell’epoca bizantina sono protagonisti di una storia aggiornata e rappresentativi dell’identità della Chiesa calabrese e universale.

Madre Mirella mette in evidenza alcuni segni fondamentali: la grotta di Sant’Antonio sotto il castello, simbolo sempre attuale del vivere il Vangelo nella sua verità, è sempre aperta, senza porte. Un altro segno è il digiuno e la penitenza di San Jeiunio, che condivise la sofferenza della fame con gli abitanti dei villaggi vicini come offerta al Signore.

La riflessione di madre Mirella offre numerosi spunti profondi: l’eremita non si chiude al mondo, ma si ritira per offrire ascolto a chi è disposto a fare un percorso spesso in salita, alla ricerca di significato e conforto. Le figure dei santi sono percorse da una memoria viva, che costituisce parte integrante della nostra identità, anche quando non ce ne rendiamo conto.