Gio. Ago 15th, 2024

L’ex premier ha presentato il suo libro al “Ridotto” del Teatro Rendano. Dentro c’è la sua diagnosi al partito “malato” ma anche la ricetta. «Alleanza con i pentastellati? Se dovesse succedere chiamate un’ambulanza»

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Batte il cuore del Partito democratico. Dagli elettrodi (la penna) di Paolo Gentiloni, sul monitor (il libro La sfida impopulista edito da Mondadori), il paziente non risulta privo di vita. Malconcio sì, ma non morto. Ed è per questo che Paolo Gentiloni si prende la briga di scrivere una cura per una diagnosi che secondo il democratico non è poi così drammatica. «Ad un certo punto siamo diventati il capro espiatorio di tutti i problemi». Quelli che sono venuti a galla soprattutto il 4 marzo, e che l’occhio miope non ha visto durante le elezioni per il referendum sulla riforma costituzionale. Ma i democratici secondo Gentiloni sono duri a morire. «Il Pd ha un futuro, il Movimento 5 stelle non lo so».

MAI CON I PENTASTELLATI Al “Ridotto” del teatro Rendano, Paolo Gentiloni risponde “presente” all’invito del consigliere regionale Mimmo Bevacqua. È stato il capo di Zonadem l’ultimo ad invitare l’ex presidente del Consiglio a Cosenza. Era il 2014, nel pieno della campagna elettorale per uno scranno alla Regione. «Ti abbiamo portato bene», scherza Bevacqua, «anche a te non è andata tanto male», replica Gentiloni. Si smorzano così i toni di una sala piena di democratici, appassionati, agenti della Digos e noti della politica calabrese. Gentiloni è una calamita, al terzo piano del teatro Rendano, infatti, si affaccia, oltre al presidente della Provincia Franco Iacucci, anche Franco Laratta. L’assessore regionale Franco Rossi, il consigliere Carlo Guccione ed insieme a lui, seppur in momenti differenti, Nicola Adamo e Luigi Guglielmelli. E in questo contesto, Paolo Gentiloni, sviscera i temi del suo libro senza distaccarsi dall’attualità politica. «Dovessimo allearci con i 5 stelle chiamate un’ambulanza». «All’epoca dell’insediamento già avevamo le idee chiare, ma viste le linee dell’attuale governo è chiaro che non potremmo trovare con loro nessun compromesso».

IL PROGRESSISTA PACATO Gentiloni non si scompone neanche quando viene punzecchiato sulle ricette utili ai dem per uscire dalla crisi. «Siamo più progressisti della sinistra in Francia e Germania. E questo a mio avviso significa che abbiamo anche la responsabilità di essere a capo della coalizione che deve ritornare al governo. L’unione di forze politiche che tenga conto però dei bisogni delle persone». Una politica a portata di cittadini che l’ex premier vuole praticare con la mediazione, «senza insultarsi sui social network e senza “buttarsi addosso la m…”». Non è una sua citazione, la prende in prestito da Steve Bannon che prima di essere silurato da Donald Trump la usava come medicina a tutti i mali. «L’attuale governo su quello che è successo al ponte Morandi di Genova, non ha fatto altro che buttare addosso la m… Hanno dato delle responsabilità a chi non le aveva, detto che tutto si sarebbe risolto, preso qualche applauso ma la realtà dei fatti è che ancora lì è tutto fermo».

PRIMARIE E MEZZOGIORNO Ma il vero terreno della “Sfida impopulista” non può che essere il Mezzogiorno. È nel sud del paese che il Pd è ai suoi minimi storici ed è tra la Campania, Calabria, Puglia, Basilicata e Sicilia che i dem devono risalire la china. «Il Pd ha un futuro e i 5 stelle no, semplicemente perché alle ultime elezioni hanno forzato la mano», dice Gentiloni. Strappa il terzo lungo applauso ancora prima di finire il suo ragionamento. «Dico questo perché –aggiunge – quello che hanno proposto per il Meridione non è realizzabile e in questi casi si riceve sempre una reazione uguale e contraria». Molto del futuro del partito però, è innegabile, dipenderà dall’esito delle primarie. «Stimo Marco Minniti, così come Maurizio Martina e Nicola Zingaretti». Per chi voterà? Non lo dice apertamente ma si capisce. «Zingaretti rappresenta sicuro la novità, ma non ho dubbi nel ritenere che rimpiangeremo moltissimo il lavoro di Marco Minniti come ministro dell’Interno. Chiunque vinca io tifo Pd». Fuori dal teatro la pioggia non smette di battere, ma da dentro si capisce: il governo è ladro.

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