Mar. Ago 13th, 2024

Si chiude con tre assoluzioni il processo di primo grado sul duplice omicidio di Giulio Cortese e la sua convivente Inna Abramova, avvenuto il 27 aprile 2009 a Chiaravalle, nel Catanzarese, freddati davanti alla scuola elementare solo pochi istanti dopo aver salutato le loro due figlie. La Corte di assise di Catanzaro, presieduta da Alessandro Bravin ha scagionato dall’accusa di omicidio con la formula “per non aver commesso il fatto” i fratelli Mario, Luciano e Giuseppe Gregorio Iozzo, definiti i mandanti dell’efferato delitto, accogliendo le tesi difensive dei legali Saverio Loiero, Vittoria Aversa e Antonio Ierardi, mentre il pm della distrettuale Debora Rizza, al termine della requisitoria, aveva invocato il carcere a vita per i tre imputati.

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Il ruolo dei tre imputati

Già il gip all’epoca dell’ordinanza di misura cautelare aveva distinto le posizioni dei tre fratelli, smontando in parte il quadro accusatorio della Dda. Giuseppe Iozzo secondo il giudice per le indagini preliminari Paola Ciriaco sarebbe stato incastrato dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che hanno riferito dei contrasti con la vittima e da alcune frasi intercettate dagli investigatori dell’Arma. Cortese infatti era stato marchiato come “infame” per alcune dichiarazioni rilasciate agli inquirenti su Giuseppe e Mario Iozzo, attinti da provvedimento di fermo con l’accusa di danneggiamenti, estorsioni e porto illegale di armi da fuoco. In una intercettazione lo stesso Iozzo commenta con il nipote l’atteggiamento del fratello Mario, reo di dare troppa confidenza a soggetti definiti “pagliacci”, affermando che in passato vi era stata un’analoga situazione in cui avevano dato troppo credito a una persona che poi era stata eliminata poiché responsabile di aver fatto trascorrere agli Iozzo quindici giorni di carcere: “Uno ne abbiamo avuto che ce lo siamo coricato, ci siamo fatti… ci ha fatto prendere 15 giorni di carcere e ancora tuo padre non se n’è curato … hai capito? Ma davvero scherziamo!”. Gli interlocutori, avrebbero fanno senza dubbio riferimento alla posizione di Cortese, a causa del quale alcuni membri della famiglia Iozzo erano stati arrestati. Quanto alla posizione di Mario e Luciano Iozzo, per il gip “non si rinvengono nelle conversazioni gli elementi di riscontro esterno ed individualizzante a sostegno del propalato del collaboratore di giustizia Domenico Todaro. Le conversazioni captate, infatti, – scrive il giudice – nulla esprimono riguardo alla posizione di Mario e Luciano, che risultano aver sicuramente aver dato la loro approvazione, perlomeno postuma, all’omicidio, ma non necessariamente risultano avervi partecipato in qualità di mandanti, cioè nel ruolo che viene loro contestato. Tale deficit dichiarativo, considerato che si tratta di una chiamata non specifica riguardo il ruolo degli altri fratelli Iozzo nel fatto omicidiario – impedisce, allo stato di ritenere le fonti esaminate idonee a fondare un quadro di gravità indiziaria a carico degli indagati”. Oggi arriva l’assoluzione per i tre imputati: “non hanno commesso il fatto” di sangue.

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