Mar. Lug 16th, 2024

Due diverse operazioni della procura di Cosenza, fermano la filiera dello spaccio al minuto. Nei documenti delle indagini il linguaggio degli spacciatori, la geografia dei pusher in città e la brutalità degli episodi di estorsioni

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Il “panino” o il “pasticcino”, la “piumata” o le “uova” sono disponibili ad ogni costo o taglio. Si tratta di droga, eroina e cocaina principalmente, e così la chiamano al telefono alcuni degli spacciatori finiti in manette nelle due operazioni condotte dalla polizia coordinate dalla procura di Cosenza. Ore di intercettazioni, di pedinamenti, di perquisizioni effettuati dagli agenti della mobile, che sulle tracce degli stupefacenti hanno in due settimane messo fine ad una rete di spaccio che consolida la geografia della droga nella città di Cosenza. Conversazioni, molte criptiche, al telefono tra pusher e assuntori chiariscono come si possa arrivare ad acquistare principalmente eroina e cocaina anche con sole 20 euro in tasca. In alcuni casi il servizio era a domicilio o in casi estremi anche nelle cliniche di cura. Nelle carte dell’operazione “Sette Note” gli spacciatori sanno come far arrivare “il tartufo” al loro cliente, l’accordo passava innanzi tutto da una persona che aveva libero accesso nella struttura clinica, il resto lo faceva il cellophane dei pannoloni.

 

«COME LA VUOI?» Ore di intercettazioni e di trascrizioni, ma anche il gioco del gatto e la volpe contro Pinocchio per capire chi è più furbo. Se le comunicazioni devono avvenire telefonicamente, allora è meglio darsi un linguaggio cifrato. Un “ventino” di eroina nel periodo natalizio diventa un bel “panettone”, così come la qualità o l’eventuale capacità di sballo può essere tranquillamente definita: «acqua fresca». Nessun beneficio del dubbio alle orecchie dei poliziotti quando invece gli assuntori si lamentavano della qualità con i loro pusher. «Ma è buona o è quella “munnizza” (spazzatura ndr) di ieri?». La cocaina o l’eroina, sempre accuratamente custodita, prima di essere «imboscata (nascosta ndr)» tra i pantaloni o gettata fuori dai finestrini alla vista delle volanti, spesso diventava anche un “pensierino”. Un regalo, qualcosa che: «puoi passare a prendere che la voglio mandare ad Andrea».

PAGANO MAMMA E PAPÀ E per capire cosa stesse succedendo ai loro figli, a questo slang si sono dovuti abituare anche i genitori degli assuntori. Le due ultime inchieste della procura di Cosenza hanno tra di loro la sola matrice comune dello spaccio, i soggetti sono diversi, ma differenti non sono gli episodi. Nelle ordinanze di custodia cautelare, il quadro indiziario che il giudice mette nero su bianco per motivare la sua scelta è simile. Estorsioni ai genitori da figli che a fronte di entrate mensili di qualche centinaio di euro si ritrovano zeppi di debiti e senza una via d’uscita se non quella di rivolgersi alle proprie famiglie. Ed è così che “Sette note” parte dalla denuncia di una “mamma coraggio” che messa alle strette dalle richieste economiche del figlio non può far altro che rivolgersi alle forze dell’ordine. Nei mesi suo figlio aveva contratto un debito di 1000 euro e racconta agli agenti come arrivata dai debitori le abbiano detto: «Ho tolto 1000 euro alla mia famiglia, con una bambina di 12 anni e un figlio e un marito in carcere». La donna a corto di soldi in quel momento si è giustificata dicendo che aveva pagato prima un altro spacciatore. Solo l’intermediazione di un terzo soggetto ha permesso di risolvere il problema attraverso la rateizzazione, ma per la “mamma coraggio” le parole sono affilate: «non salgo sopra a picchiare Andrea per rispetto a voi che vi siete messe in mezzo». Cambiano le indagini, cambiano i protagonisti ma il copione si ripete. «Avevo un debito di 500 euro – spiega Massimo ai poliziotti-. Dopo la visita e le minacce dei miei creditori mi sono dovuto rivolgere a mio padre». Ai suoi pusher il giovane cosentino doveva soldi per l’acquisto di 50 euro giornaliere di eroina. «In quel periodo ero succube» continua a dire a poliziotti e magistrati. La macchina del ragazzo in pegno non bastava più. «Mi dicevano “tu non sai cosa ti succederà se non ci dai i soldi”. Hanno prelevato il mio computer e altre cose che non ho più rivisto». Massimo poi riferisce agli agenti: «Sentivo frasi come “non è finita qui… ci prendiamo tutto se non paghi il debito e ti riempiamo di botte fino a farti del male”».

COSÌ SI SPACCIA Cosenza Vecchia, Via Popilia, Via Reggio Calabria, San Vito alta. La droga in questi quartieri nel periodo di indagine (2016-2017) era sempre presente. Una telefonata: «Ti avevo chiamato prima per sapere se venivi», un colpo di citofono, poi l’involucro il cui peso variava in base a quanto si era disposti a pagare. La droga veniva smerciata così e senza troppi giri. Un sistema rodato e confermato anche dal fermo di un giovane acquirente vicino alla famiglia “Bella Bella” che sul suo cellulare aveva memorizzato il nome dello spacciatore così: “Steveniannu” (sto arrivando ndr). In media per 1 gr di eroina in città si spendono 40 euro. Molti tossico dipendenti ai magistrati hanno raccontato che i contatti dei loro spacciatori erano riusciti a farseli nel periodo di cura al Sert. Assuntori di cocaina da venti anni, ma anche giovani, in fila ai citofoni dei quartieri popolari o puntuali agli appuntamenti per non destare sospetti. Poi, come del resto raccontato dal collaboratore di giustizia Luca Pellicori nel processo “Apocalisse”, a spacciare erano persone ai domiciliari e ad acquistare erano anche persone sorvegliate speciali. Proprio una di loro racconta perché comprava nel centro storico: «La qualità non era ottima, ma era sempre disponibile la mattina e a me andava bene così». Se la spesa giornaliera media è di 40 euro, però non mancano le eccezioni. I poliziotti annotano di persone pronte a spendere anche 150 euro in un solo giorno, riuscendo a calcolare come nel giro di poche settimane un solo assuntore con queste disponibilità economiche riuscisse a fruttare 10mila euro. Ma se questa è la filiera minuta e tra i tanti casi accertati non c’è un legame capace di cristallizzare la presenza di un’associazione, adesso spetterà alla direzione distrettuale capire quali sono i canali che usano gli spacciatori cosentini per rifornire e avere delle scorte che sembrano inesauribili.

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