Di origini lametine, aveva recentemente stabilito la sua dimora a Stefanaconi, in prossimità del capoluogo, isolandosi completamente dal mondo esterno. La sua tragica fine è stata determinata da un fatale infarto, ponendo così fine al suo isolamento incolmabile
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La cronaca giornalistica classificherebbe rapidamente il caso come il ‘dramma della solitudine’. Ma la realtà spesso supera la concisione delle righe di cronaca.
Il cadavere di Antonio Perri, 54 anni, ex maresciallo capo dei carabinieri, è stato scoperto in avanzato stato di decomposizione nella sua casa a Stefanaconi, nel Vibonese. Il suo corpo, disteso sul letto in posizione supina, dava l’impressione che l’uomo fosse morto da almeno 30 giorni, una conclusione supportata dal medico legale sul posto, che attribuisce la causa della morte a un infarto miocardico. La bocca spalancata e le mani sul petto, come in un ultimo tentativo di ossigenazione, sembrano confermare questa ipotesi.
Perri, originario di Lamezia Terme, ufficialmente residente a Vibo Valentia, aveva scelto di vivere in solitudine a Stefanaconi, rifiutando ogni forma di contatto sociale. La sua modesta abitazione, di sua proprietà, era in uno stato di trascuratezza e semiabbandono, con l’erba alta nel giardino che impediva quasi l’accesso. La scena che si è presentata ai soccorritori è stata descritta come surreale, con poche suppellettili essenziali in casa e nulla che suggerisse uno stile di vita malsano. Accanto al suo corpo, corroso dai giorni di decomposizione, giaceva un asciugacapelli, forse utilizzato per scaldarsi nelle notti più fredde.
Il fetore nauseabondo proveniente dalla casa ha attirato l’attenzione dei vicini, che hanno chiamato i carabinieri. L’intervento, la porta sfondata e la macabra scoperta hanno portato a etichettare il caso come un ‘dramma della solitudine’. Ma questa solitudine non era imposta, bensì cercata e voluta, vissuta con studiata determinazione.
Antonio Perri, una figura riservata e schiva, aveva interrotto ogni relazione sociale negli ultimi anni, avvisando gli amici più stretti di non cercarlo più. Viveva da solo, con un matrimonio fallito alle spalle e le sue due figlie lontane all’estero. Si dedicava alla pittura tra i pochi svaghi concessi.
Le ombre del passato lo hanno segnato profondamente: un dramma familiare durante l’infanzia e un tentato suicidio con la pistola d’ordinanza, risolto successivamente con un intervento di chirurgia plastica per riparare la ferita fisica.
Maresciallo capo Perri, in servizio a Catania negli anni novanta, era stato coinvolto in importanti indagini sugli intrecci Stato-mafia durante gli anni delle stragi. Era conosciuto come un investigatore scrupoloso e integerrimo, rispettato per la sua rettitudine. Dopo il tentato suicidio, era stato congedato dall’Arma. La sua morte è stata scoperta solo domenica scorsa, e in assenza di parenti stretti reperibili, il sindaco Salvatore Solano ha assunto le responsabilità immediate.
La salma è stata trasferita nella sala mortuaria del cimitero locale in attesa della sepoltura, mentre le figlie e l’ex moglie, avvisate successivamente al ritrovamento, arriveranno nelle prossime ore per rendere l’ultimo saluto. Stefanaconi, il paese che Perri aveva scelto come rifugio dal mondo, ora si interroga su come sia stato possibile non accorgersi della sua presenza, mentre lui si muoveva come un fantasma tra le sue mura.