Mer. Ago 14th, 2024

Nel corso del vertice sarebbe emersa, inoltre, una strategia comune: “Ogni partito correrà con il suo simbolo”

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Al partito che prende più voti alle elezioni spetta indicare il premier. Sarebbe questo il principio sul quale il vertice di centrodestra, ancora in corso alla Camera, starebbe trovando l’accordo. Dell’incontro tra Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e i centristi, raccontano di un clima positivo e costruttivo. Nel corso del vertice di centrodestra a Montecitorio sarebbe emersa, inoltre, la strategia comune di ogni partito della coalizione di correre con il proprio simbolo e il proprio capo politico, una riedizione di fatto di quanto avvenuto nel 2018.

Il vertice di centrodestra si sta tenendo alla Camera. Nella Sala Salvadori presso il gruppo della Lega a Montecitorio sono seduti attorno allo stesso tavolo Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Antonio Tajani, Antonio De Poli (Udc), Maurizio Lupi (Nci) e Luigi Brugnaro, fondatore di Coraggio Italia.

Matteo Salvini è arrivato in giacca e jeans con scarpe da tennis tipo Superga. Silvio Berlusconi in completo blu stile ’94 con cravatta e sneakers in tinta accompagnato dalla ‘quasi moglie’ e deputata azzurra Marta Fascina, (che a tratti lo ha tenuto per mano), in abito lungo nero a grandi pois bianchi con maniche corte, capelli biondi sciolti e cerchietto in tinta col vestito. L’ultima volta di Berlusconi presente fisicamente a Montecitorio fu in occasione delle consultazioni per il governo Draghi nel febbraio del 2021.

I TEMI SUL TAVOLO – Districarsi tra le pieghe e le trappole del Rosatellum non è facile per nessuno, figuriamoci per una coalizione, di fatto spaccata dai tempi del Mattarella bis, ma ricompattata dal voto anticipato dopo la caduta del governo Draghi e costretta alla coabitazione forzata per vincere le elezioni del 25 settembre. C’è il risiko dei collegi, una questione complicata perché ci sono più incognite: la quota del 33% ripartita tra Lega Fi e Fdi, raccontano, non sarà accettata dai meloniani, che fanno valere il loro ‘primato’ di consensi secondo le ultime rilevazioni. Non solo, ma poi c’è il problema dei centristi: in un primo momento si era parlato di Udc e Noi per l’Italia considerati in quota Fi, poi le cose sono cambiate e sembra che sia Lorenzo Cesa che Maurizio Lupi siano intenzionati a presentare il loro simbolo per non stare sotto il ‘cappello di Forza Italia’.

Senza contare poi il rischio per i ‘piccoli’ del centrodestra di incappare nella tagliola dell’1 per cento: l’attuale legge elettorale prevede che se un partito non raggiunge questa quota, i voti presi vengono considerati ‘dispersi’. Da qui la proposta, spuntata nelle trattative delle ultime 48 ore, di dar vita a una federazione, tra Lega-Fi e i centristi, per fare blocco, ma a quel punto, assumerebbe i contorni di fatto di un’alleanza vs Meloni, che potrebbe ulteriormente ingarbugliare il quadro politico.

Non solo: Brugnaro, fondatore di Coraggio Italia, che farà? Il sindaco di Venezia, atteso all’incontro dei leader, ha sempre tifato Draghi ed è rimasto su questa linea dicendolo apertamente agli alleati. Una posizione, quella pro Draghi senza se e senza ma, rivendicata anche da Giovanni Toti, che però non è stato invitato al summit. Ora Brugnaro avrebbe due strade: far rientrare i suoi collegi in quota Fi Fdi o Lega, oppure, raccontano, dar vita a una sorta di quarta gamba moderata coinvolgendo tutte le forze di centro che vogliono restare nel perimetro del centrodestra. A complicare le cose, anche le tensioni interne a Fi, che continua a perdere pezzi: oggi è andata via la deputata Rossella Sessa, considerata vicina a Mara Carfagna che presto formalizzerà il suo strappo, aderendo al gruppo Misto della Camera.

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