Un impianto realizzato nel 2003, costato oltre 9 milioni di euro e che mai avrebbe funzionato a regime. Stiamo parlando del depuratore di Bianco. La Procura di Locri, nella richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 25 persone, sostiene che da quanto emerso nel corso delle indagini l’impianto consortile e le reti di adduzione di Bianco, Bovalino, Benestare e Casignana “non potevano assolvere alle funzioni per la quale erano stati realizzati. Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di concorso in truffa, truffa aggravata e altro. La prima udienza preliminare è in agenda per il prossimo 20 dicembre. In tale data saranno sentiti i titolari delle ditte interessate nei lavori di manutenzione ed i responsabili delle aree tecniche dei comuni coinvolti.
Al centro di tutto non solo la gestione e la realizzazione dell’impianto ma anche i materiali impiegati e la conformità stessa della realizzazione. Diverse sarebbero state, infatti, le irregolarità accertate dagli uomini delle forze dell’ordine. Irregolarità che già nel 2015 avevano portato al sequestro probatorio del depuratore consortile di Bianco.
Secondo la Procura ad avvallare le accuse vi sarebbe “una infinita serie di elementi di carattere logico e tecnico”. Ingiusto sarebbe stato, pertanto, il profitto procurato agli operatori privati interessati ai lavori. Con corrispondente ingente danno agli Enti pubblici. Danno patrimoniale di rilevante entità.
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ALESSANDRA BEVILACQUA|redazione@telemia.it