Mar. Lug 16th, 2024

L’iniziativa è stata organizzata dall’ex sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza: «Non è un convegno politico». Don Giacomo Panizza: «Fare sul serio per costruire una nuova immagine di questa regione». Viscomi: «Abbattiamo l’individualismo e iniziamo a creare un “sistema”»

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Nessun tavolo, poca politica ma tanta università e tante idee. È così che si è presentato, sabato mattina a Lamezia, quello che vorrà diventare un vero e proprio laboratorio per la Calabria e per tutto il Mezzogiorno. Ideato dall’ex sindaco e docente di storia, Gianni Speranza, l’iniziativa ha racconto nella sala Sintonia della comunità Progetto Sud studiosi e docenti che con le loro competenze hanno voluto contribuire a costruire un momento di condivisione che possa rimanere un appuntamento fisso anche per il futuro. «Spero che appuntamenti così si possano creare ogni anno perché questo – ha spiegato Speranza – non vuole essere un convegno come ce ne sono tanti in giro ma deve essere un contenitore di idee e di contributi lontani da tutti quegli stereotipi che hanno contribuito a dare un’immagine falsata del Sud». E di tematiche «trite e ritrite» ne ha parlato anche don Giacomo Panizza, che ha fatto gli onori di cosa accogliendo i numerosi partecipanti. «Ora è arrivato il momento di fare sul serio perché il bene comune va costruito e anche l’esperienza della nostra realtà può contribuire a guardare la Calabria per quella che è realmente». Un ripensamento culturale, dunque, quello auspicato dal prete bresciano per far ripartire il Sud. «Certo il problema principale è la ‘ndrangheta ma bisogna ripensare un po’ tutto un sistema che va a rilento e questo si può fare – asserisce Panizza – tirando in ballo tutti, anche gli ultimi, quelli che hanno più difficoltà». Tanti i nomi di calabresi che hanno deciso di essere presenti all’iniziativa. Da Piero Bevilacqua, che ha introdotto la discussione e che adeguandosi al dibattito attuale ha voluto parlare di «fake news che ancora sono diffuse nei riguardi del Sud», all’ex vicepresidente della giunta regionale calabrese e docente di economia, Domenico Cersosimo, a Tonino Perna, Battista Sangineto, Vittorio Mete e molti altri.
Se i riferimenti alla politica sono stati pochi e come ha detto lo stesso Speranza la data «è stata scelta (anche in fretta) per essere lontani dalle elezioni politiche», fondamentale è stata la testimonianza di chi con la politica stessa è chiamato a confrontarsi ogni giorni. Il vicepresidente della giunta regionale, Antonio Viscomi, ha voluto dare il proprio contributo da uomo delle istituzioni vicino più che mai ai territori. Dall’ossigeno «di iniziative come queste che portano nuove idee» alla solitudine di chi «bisogno di essere ascoltato anche nei comuni più piccoli e più isolati». Perché come ha sottolineato Viscomi «è necessario riscoprire la storia che ci accomuna per cercare di sconfiggere quella malattia che ci caratterizza che è l’individualismo». Un individualismo che parte soprattutto dalla politica e che pervade tutti i settori della nostra vita, secondo Viscomi perché oramai non «siamo oramai capaci di parlare di “sistema” perché la parola “rete” è molto più semplice». Ed è proprio contro quel sistema Calabria che Viscomi punta il dito. «Non diamo solo la colpa alla burocrazia e non abusiamo di termini come legalità o eroi perché – spiega – il primo passo per sconfiggere il male della nostra terra è quello di non girarsi dall’altra parte». Da docente, Viscomi non ha potuto parlare di futuro soprattutto per i giovani. «Abbiamo stanziato 10 milioni per le borse di studio, ma dopo – evidenzia Viscomi – dobbiamo chiederci chi darà loro lavoro e soprattutto se le nostre aziende sono davvero pronte ad ospitare questi ragazzi». Una situazione, quella del nostro tempo, che secondo Viscomi, prendendo spunto dalle parole dell’antropologo Vito Teti, può essere superato soltanto «riprendendo in mano lo spirito del ’45». Ripartire da sé stessi ed elaborando una cultura critica che abbandoni i luoghi comuni è stato il punto centrale dell’interventi di Teti. «Bisogna andare tra la gente, capire cosa sia successo, come è cambiato il Meridione e fare una grande mappa, un osservatorio di tutte queste novità che si verificano e finalmente – conclude Teti – conoscere questo territorio»

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