Mar. Lug 16th, 2024

Lo dimostra uno studio indipendente del Laboratorio di Neuroimmunologia dell’ospedale Santa Lucia IRCCS di Roma che dimostra lo sviluppo di una risposta cellulare che si mantiene nel tempo

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di Raffaella Silvestro

 La seconda dose di vaccino anti-Covid

produce non solo la risposta anticorpale ma crea anche la

memoria immunologica capace di proteggere a lungo termine la

persona. Lo dimostra uno studio indipendente del Laboratorio di

Neuroimmunologia dell’ospedale Santa Lucia IRCCS di Roma, che

conferma la presenza di linfociti T della memoria per almeno 6

mesi dalla prima dose del vaccino, confermando lo sviluppo di

una risposta cellulare che si mantiene nel tempo. Per i soggetti

sani, dunque, rilevano i ricercatori, “la terza dose di vaccino

potrebbe non essere necessaria”.

La posizione espressa dal CTS è dunque corroborata, afferma

l’ospedale, dal nuovo studio del laboratorio di Neuroimmunologia

Santa Lucia IRCCS di Roma, i cui dati sono stati pre-pubblicati

sulla piattaforma di interscambio BioRxiv. Lo studio, condotto

su 71 soggetti, ha valutato la risposta al vaccino

Pfizer-Biontech, simulando in vitro l’incontro tra il virus e

le cellule del sistema immunitario. I partecipanti allo studio,

tutti operatori sanitari e colleghi che hanno ricevuto il

vaccino a gennaio, sono stati monitorati per 6 mesi, misurando

l’andamento della risposta immunitaria nel tempo. I risultati

hanno dimostrato che il vaccino induce, oltre alla produzione di

anticorpi, anche lo sviluppo di cellule della memoria

immunologica.

“I nostri dati – spiega Giovanna Borsellino, neuroimmunologa

e direttrice del laboratorio di Neuroimmunologia dell’ospedale

romano – confermano che già dopo la prima dose si innesca la

risposta delle cellule del sistema immunitario, che da un lato

facilitano la produzione degli anticorpi, e dall’altro agiscono

direttamente sulle cellule infettate dal virus. L’aspetto

importante osservato è che viene generata la memoria

immunologica, anche grazie alla presenza delle cosiddette

‘cellule staminali della memoria’, ossia un bacino di cellule

longeve e specifiche per il coronavirus che possono rapidamente

espandersi per contenere l’infezione. Analogamente agli altri

vaccini la presenza della memoria immunologica potrebbe durare

diversi anni, confermando da una parte l’efficacia della

protezione del vaccino e dall’altra la necessità di effettuare

un’eventuale terza dose solo a soggetti immunodepressi, come

indicato dal CTS”. Lo studio fa parte di una più ampia missione

affidata al laboratorio di Neuroimmunologia del Santa Lucia

IRCCS per valutare la risposta al virus in persone colpite da

Sclerosi Multipla che assumono una terapia immunomodulante o

immunosoppressiva. Lo studio è stato condotto utilizzando

macchinari estremamente sofisticati necessari per identificare,

all’interno dei miliardi di cellule che compongono il sistema

immunitario, le cellule T attivate dalla proteina Spike del

virus Sars-COV-2 indotte dalla vaccinazione.

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