Mar. Lug 16th, 2024

Pavia, al San Matteo avviato il protocollo sperimentale. Già trattati con successo nove pazienti infettati. Due medici i primi donatori: bastano venti minuti

Cinque malati gravi da Covid-19 a Pavia e quattro a Mantova sono già stati trattati con il plasma ricco di anticorpi dei pazienti guariti. Tra i donatori, anche la coppia di medici pavesi di Pieve Porto Morone, i primi due casi positivi registrati nella provincia di Pavia, che si sono resi subito disponibili. Il protocollo sperimentale di cura per il coronavirus avviato dal Policlinico San Matteo è entrato nel vivo dopo il nulla osta dall’Istituto Superiore di Sanità. In attesa di evoluzioni moderne come gli anticorpi monoclonali, la procedura semplice, e biologica, che presuppone la somministrazione al paziente malato di anticorpi prodotti da chi è già guarito, e che quindi sono in grado di inattivare il virus, sembra dare interessanti riscontri. Oltre al cocktail di farmaci, il plasma può dare forza alla terapia nei casi di grave insufficienza respiratoria. Nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di malati sottoposti a ventilazione meccanica, per i quali scongiurare il peggioramento delle condizioni e l’intubazione. «Una procedura già collaudata che può essere utilizzata per combattere un virus nuovo ma anche per salvare i pazienti più seri – spiega Cesare Perotti, responsabile del servizio di Immunoematologia e Medicina trasfusionale del San Matteo di Pavia -. Il plasma iperimmune è già stato utilizzato anche in passato per curare Sars ed Ebola. I medici di Whuan, che hanno coadiuvato le terapie per un migliaio di pazienti con il plasma dei guariti, ne hanno confermato l’efficacia, e caldeggiato l’utilizzo».

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La macchina del centro trasfusionale si è messa in moto, il plasma raccolto viene sottoposto a rigidi test, tra cui quello di neutralizzazione virale: una parte di plasma viene messo a contatto con il coronavirus e si vede se e come sia in grado di debellarlo. Il plasma più potente, dunque, sarà quello utilizzato per le infusioni. Per ora i risultati sarebbero incoraggianti, ma è prematuro trarre conclusioni perché servono numeri significativi. Venti pazienti si sono già sottoposti al prelievo.

Angelo Sferrazza, 64 anni, medico di base a Pieve Porto Morone, e la moglie, la pediatra Daniela Gambarana di 47 anni, due settimane fa hanno risposto alla chiamata del Policlinico. I due medici furono i primi casi accertati di positività al coronavirus della provincia di Pavia. Lavorano vicino alla zona rossa del focolaio lodigiano ed erano entrati in contatto con diversi residenti di Codogno. «Ora stiamo bene – racconta il dottor Sferrazza -. Io ho ripreso anche a lavorare, e seguo telefonicamente i miei pazienti. È stata una brutta avventura». Dopo il ricovero nel reparto di Malattie infettive e la convalescenza, ora hanno deciso di mettere a disposizione il loro super plasma per aiutare gli ammalati: «Sollecitiamo chi è stato dimesso ed è immunizzato, a mettersi a disposizione. Ci vogliono soltanto venti minuti. È una sorta di comune donazione del sangue, ma può contribuire a salvare la vita a diverse persone».

Il San Matteo nei giorni scorsi ha lanciato un appello ai potenziali donatori, guariti e dimessi dall’ospedale, nelle province di Pavia, Mantova, Cremona e Lodi. I requisiti per poter donare: due tamponi negativi effettuati nell’arco di 24 ore consecutive, così si ha la certezza di aver sconfitto il virus e di aver sviluppato gli anticorpi in grado di combatterlo. Questo è il profilo dei pazienti che il Policlinico ha già reclutato, e continuerà a contattare anche nelle prossime settimane per il prelievo. «I pazienti si sono dimostrati molto disponibili – dice il professor Perotti . La campagna di sensibilizzazione che abbiamo avviato sta funzionando perché diversi convalescenti ci hanno contattato». Chi vuole donare può telefonare al San Matteo di Pavia allo 0382.503086.

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