Mar. Set 17th, 2024

Le recenti lacrime del sindaco di Bari, Antonio Decaro, hanno riportato l’attenzione sulla legge riguardante lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Questa legge, risalente al 1991, è stata oggetto di discussione da tempo e presenta alcune lacune, tra cui la mancanza di previsione di un contraddittorio con gli amministratori coinvolti nel procedimento.

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Decaro ha accusato il centrodestra di manovre politiche per bloccare il centrosinistra attraverso azioni giudiziarie, soprattutto alla luce delle prossime elezioni a Bari, dove il centrodestra non ha ancora un candidato. La vicenda si è trasformata in una sorta di “match di calcio” con tifosi da entrambe le parti1.

I sindaci delle principali città calabresi, Franz Caruso (Cosenza), Nicola Fiorita (Catanzaro) e Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria), hanno inserito nel dibattito le loro voci. Non a caso, proprio dalla Calabria provengono le critiche quasi unanimi riguardo alla situazione a Bari. La Calabria detiene il record negativo con 133 comuni sciolti per mafia dal 1991 a oggi. Seguono la Campania (117) e la Sicilia (92).

In termini percentuali, la Calabria rappresenta il 34% dei comuni sciolti in Italia per mafia, mentre la Campania è al 30,5%, la Sicilia al 24,03% e la Puglia al 6,7%. Le altre regioni insieme totalizzano solo il 3,9%, con alcune regioni come Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, Trentino Alto-Adige, Umbria e Veneto che non hanno registrato alcun scioglimento1.

In questa prospettiva, sembra quasi un problema specifico del Sud Italia. I tre sindaci calabresi sostengono che lo scioglimento di Bari sarebbe collegato alla critica di Decaro sull’autonomia differenziata e rappresenterebbe un duro colpo per tutto il Meridione1.

In conclusione, la questione degli scioglimenti comunali per mafia richiede una riforma della normativa e un approccio più equilibrato per garantire la giustizia e la trasparenza nelle amministrazioni locali.

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