Mar. Lug 30th, 2024
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L’operazione “Faenerator” mise fine all’agonia di diverse persone costrette a pagare gli interessi di un prestito diventato sempre più oneroso. L’inchiesta partì dopo la denuncia di alcuni gioiellieri della città

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Una cosa chiarì definitivamente l’operazione Faenerator: «L’usura a Cosenza non è solo affare dei clan». Se lo ripetevano più volte gli indagati al telefono ignari di essere intercettati. Sotto strozzo finirono innanzitutto dei gioiellieri della città che, fallito il progetto finanziario con il quale avrebbero dovuto cambiare le sorti della loro attività, per onorare il debito si rivolsero a degli strozzini. Un affare da 250mila euro circa secondo i carabinieri della stazione di Cosenza. Ma una volta ricevuta la denuncia le maglie dell’indagine si allargano al pari del voluminoso giro usuraio. Non c’erano solo i gioiellieri a dover pagare la loro quota, ma tantissimi altri cittadini, chi più chi meno affermato nella vita sociale bruzia. L’inchiesta della Procura di Cosenza, culminata alla fine di giugno, ha portato all’arresto di 3 persone, altre 6 ai domiciliari ed imposto l’obbligo di firma altre 5 persone, e riguarda la Cosenza che il procuratore Mario Spagnuolo ha definito «l’altra faccia della luna». Per 14 persone il sostituto procuratore Giuseppe Cava, nei giorni scorsi, ha chiesto il rinvio a giudizio, si tratta di: Giuseppe De Rose, Fernando Patitucci, Bartolomeo Bevilacqua, Pasquale Giudice, Francesco Di Sanzo, Francesco Carbone, Giovanni Bruni, Massimo Bevilacqua, Saverio Angelo Marsicano, Angelo Cozza, Francesco Greco, Massimo Benvenuto, Menotti Guzzo Magliocchi e Carlo Porco.

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