Mar. Lug 16th, 2024

Il dato emerge dal nuovo rapporto del centro studi di Confcommercio. La media è di 17mila euro annui, contro i 39mila del Trentino. Algieri: «Necessario colmare il gap infrastrutturale con il resto del Paese»

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La Calabria si conferma ancora una volta maglia nera con il Pil pro capite più basso d’Italia. È uno dei dati che emergono dal Rapporto sulle economie territoriali del centro studi di Confcommercio nazionale presentato il 14 settembre a Roma. Il Pil calabrese si ferma a 17mila euro, a distanza siderale da quello più alto del Paese: Trentino Alto Adige, con 39mila euro. E infatti Confcommercio sintetizza così la sperequazione: «L’Italia riparte, ma il Sud non brilla». E in un Mezzogiorno che fa fatica, la Calabria è la peggiore, il fanalino di coda.
«Tra il 1995 e il 2007 – si legge nel rapporto –, l’economia meridionale è cresciuta a ritmi analoghi a quelli riscontrati nel resto del Paese (+1,3% medio annuo), mentre nel periodo recessivo si è rilevata una contrazione del prodotto superiore di circa 3 decimi di punto all’anno rispetto al dato complessivo dell’Italia, con il conseguente ampliamento dei differenziali esistenti tra i singoli territori».
Nel 2007 il Pil pro capite della Calabria era pari a poco più del 48% di quello del Trentino Alto Adige, un rapporto che nel 2013 è sceso al 43,8%. La “ripresina” del 2014 ha insomma mostrato «spunti di vivacità» anche nel Mezzogiorno e in Calabria; tuttavia, non ha tracciato uno sviluppo tale da consentire un avvicinamento tra le diverse aree del Paese. «Nel Sud – si sottolinea nel Rapporto – il Pil pro capite del 2017 dovrebbe risultare, infatti, pari a circa il 53% di quello del Nord-Ovest, valore ancora inferiore a quanto registrato nel ’95 (54,5%)».
Anche in termini di spesa per consumi la crisi ha colpito in maniera più accentuata le regioni del Mezzogiorno nelle quali la riduzione, rispetto alla variazione media annua, è stata, tra il 2008 e il 2013, del 2,4%, peggiore di circa un punto all’anno rispetto alle dinamiche osservate nelle regioni del Nord.
Ovviamente, le ripercussioni della crisi sull’occupazione (oltre un milione e 700mila unità lavorative in meno tra il 2007 e il 2013) «hanno assunto una connotazione particolarmente negativa per il Sud che partiva già da una condizione di svantaggio». In più, «la tendenza al miglioramento del mercato del lavoro, al momento abbastanza diffusa tra le regioni, non è sufficiente a fare recuperare nel 2017 i livelli occupazionali raggiunti prima del 2008. Nel Mezzogiorno si ritornerebbe soltanto ai valori della metà degli anni 90 e in Sicilia e Calabria neppure a quelli».
«Il focus – spiega il presidente di Confcommercio Cosenza, Klaus Algieri – fotografa lo stato delle cose di un Sud ancora tremendamente indietro e di una Calabria che purtroppo si conferma maglia nera con un Pil pro capite di 17mila euro annui. Eppure senza il Mezzogiorno l’Italia non riparte. Solo vincendo questa sfida possiamo lasciarci alle spalle una crisi che ha fiaccato la nostra già debole economia, ha costretto alla chiusura molte, moltissime imprese, ha contribuito ad aumentare il numero dei disoccupati».
«Colmare il profondo gap infrastrutturale con il resto del Paese – conclude Algieri – non è uno slogan; è una necessità per le regioni del Sud, dove operano imprenditori che mettono in gioco se stessi per produrre ricchezza e lavoro. Il boom delle presenze turistiche ha indicato una rotta da seguire. Non basta. Adesso serve migliorare l’offerta, condividere, innovare, fare sistema». Perché «non possiamo perdere il treno della crescita».

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