A seguito dell’intervento dei media nazionali (Striscia la Notizia dell’1 ottobre 2016) che hanno acceso l’attenzione sul depuratore consortile di 4 Comuni della provincia di Reggio Calabria (Bianco, Casignana, Bovalino e Benestare), il Senatore Nicola MORRA, del Movimento 5 Stelle, reputa che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri possa e debba attivarsi per disastro ambientale, data l’eco della questione.
Ma in cosa consiste la stessa?
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Da più di 10 anni, in un territorio a forte vocazione turistica, a poche centinaia di metri dalla Villa Romana di Palazzi di Casignana, non si riesce a risolvere il problema dei reflui fognari che, pertanto, finiscono direttamente in mare.
Realizzato nel 2003 e costato 9 milioni di euro, l’impianto consortile di depurazione nasce per raccogliere e depurare reflui che, dopo aver viaggiato per otto chilometri lungo la Statale 106, vanno a finire nell’impianto di depurazione sito in località Sant’Antonio, a Bianco (Comune capofila).
Una scelta azzardata quella di collettare in un territorio che di abitanti ne fa circa 3mila – e dopo un tragitto di vari chilometri – i reflui fognari di più di 10mila abitanti. Senza tenere conto che il suolo, lungo tale percorso, presenta numerosi dislivelli, curvature e che la destinazione finale è situata a monte della condotta principale.
Il sistema, così concepito, necessita di numerose stazioni di sollevamento che si sono dimostrate fin da subito l’anello debole dell’impianto, poiché ad ogni mancato funzionamento di una stazione di sollevamento si ferma tutto l’impianto.
Le tubazioni, inoltre, nonostante abbiano superato il collaudo, non sono mai state adatte al compito da assolvere: mancano di troppo pieno, di valvole di sfiato, della giusta pendenza. E risultano sottodimensionate: sono tubi pn6 che si lesionano ad ogni colpo d’ariete causato dalle pompe di sollevamento.
La portata viaggia a pressioni troppo elevate, e le condotte cedono puntualmente, soprattutto nei tratti più critici: le due fiumare Careri e Bonamico.
Su questo “affaire” si sono schiantati i propositi di tre amministrazioni comunali (Carpentieri, Zappavigna e Mittiga), sei prefetti (D’Onofrio, De Sena, Musolino, Varratta, Piscitelli e Sammartino) e quattro commissari prefettizi (Crea, Consolo, Correale, Gentile), e di un manipolo di progettisti, direttori dei lavori e collaudatori.
Il 9 maggio 2007 il sindaco di Bovalino, Francesco Zappavigna, così si espresse: «Se non si metteranno a posto i sistemi di adduzione delle fogne che da Bovalino debbono giungere a Bianco, dove qualche anno fa è stato costruito l’impianto di depurazione, questa estate sarà ricordata come la prima nella storia col divieto assoluto di balneazione. Il mare di Bovalino sta diventando una fogna a cielo aperto». Perché già nel 2007 il “Careri” era un vero torrente di liquami, nauseabondi e pericolosi, puntualmente riversati a mare, nonostante i tentativi di affossare le acque putride per creare un qualche filtraggio.
Una megaopera fallimentare, così come lo stesso “Consorzio” esistente solo sulla carta, ma oggetto di numerosi finanziamenti “riparatori”.
Inutile sottolineare che, negli anni, sono stati investiti centinaia di migliaia di euro per interventi di somma urgenza che non sono serviti per trovare una soluzione definitiva al problema.
Oggi la popolazione bovalinese convive rassegnata con i disagi più evidenti (cattivi odori e inquinamento del mare), mentre paga lo scotto, incosciente, dell’inquinamento “invisibile” certificato, tra l’altro, da ben due cicli di analisi delle acque commissionate a luglio e agosto 2016 dall’Osservatorio ambientale Diritto per la vita.