Ven. Nov 8th, 2024

Oliverio costretto (dalla sua stessa maggioranza) a far ritirare un emendamento che prevedeva un’unica Azienda sanitaria regionale. E sul commissariamento: «Lorenzin non ha negato i problemi. Ma ha dimenticato che in Lazio e Piemonte sono stati i governatori a far uscire le Regioni dal piano di rientro»

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Un blitz fallito. Un colpo di mano studiato male e portato avanti peggio. La sanità continua a essere un terreno minato per il governatore Mario Oliverio, costretto a (far) ritirare un emendamento alla manovra di bilancio che prevedeva l’istituzione di un’Azienda sanitaria regionale unica e di cinque Aziende ospedaliere. Dopo il suo mancato incatenamento e la chiusura del ministro Lorenzin – che ha ribadito la continuazione del commissariamento del settore – il presidente fa dietrofront anche in consiglio regionale, dove può contare su una maggioranza blindata. Quella stessa maggioranza che si è ribellata a una decisione calata dall’alto e nemmeno discussa in commissione.
La testa d’ariete con cui Oliverio ha tentato, fallendo, di ridisegnare la mappa della sanità regionale in una visione “giuntocentrica”, contrapposta alla gestione commissariale, è stato l’emendamento del presidente della commissione Sanità, Michele Mirabello.

L’EMENDAMENTO MIRABELLO La proposta di Mirabello era una sorta di “atto di indirizzo” per la giunta regionale che avrebbe dovuto prevedere la riorganizzazione della rete ospedaliera con la costituzione di un’Azienda regionale unica che contemplasse anche «l’esaltazione del ruolo dei distretti e con la centralità della medicina del territorio».
Per Mirabello è questo l’aspetto «maggiormente trascurato e su cui vanno poste le attenzioni per decongestionare gli hub e gli spoke e realizzare una rete più vicina ai calabresi». L’atto avrebbe dovuto concretizzarsi in una proposta di legge, elaborata dalla giunta, su cui si sarebbe dovuto esprimere il consiglio regionale. «È una fase politica importante in ordine alla necessità di riorganizzare la sanità: questo strumento può consentirci di riavviare un percorso che non può prescindere nel lungo periodo dalla fuoriuscita dal commissariamento», spiega Mirabello pochi minuti prima di essere sconfessato dallo stesso ispiratore dell’emendamento, Oliverio.
Il governatore infatti prende la parola e gli chiede di ritirare la proposta. «Lo scopo – spiega il governatore – non è quello di non affrontare il problema, ma di assumere questa proposta come base per un grande confronto con gli operatori sanitari e gli enti locali, in modo che entro la fine gennaio si possa tornare in aula con un piano frutto di un confronto approfondito».

PASSO INDIETRO OBBLIGATO «Oliverio – confessa un consigliere regionale del Pd a margine dei lavori – è stato costretto a fare il passo indietro perché molti esponenti della sua maggioranza non hanno apprezzato il tentativo di forzare la mano con un emendamento di cui sono venuti a conoscenza solo questa mattina».
Mirabello in effetti ritira l’atto e incassa la provocazione di Gianluca Gallo (Cdl): «È la prova che hai sbagliato a esporti: il governatore si è preso la paternità del provvedimento e poi lo ha ritirato». Gallo si dice comunque contrario a questa riorganizzazione, memore dei disastri del passato: «La cancellazione delle Aziende locali, avvenute sotto la giunta Loiero, produsse effetti devastanti, tra cui l’accentramento e la contrazione dei servizi».
Bordate anche dal consigliere Pd Carlo Guccione, che invoca «un percorso del Consiglio per decidere sulla questione sanità, su cui dobbiamo assumerci le nostre responsabilità senza rinviare le decisioni sine die». Antonio Scalzo (Pd) concorda con Guccione sulla necessità di dare allo stesso Mirabello il mandato di avviare un confronto con tutto l’universo sanità, al fine di elaborare «un modello organizzativo che guardi alle esigenze dei cittadini».

LA RE(L)AZIONE DI OLIVERIO Alla fine, a Oliverio non rimane altro da fare che illustrare la sua relazione, annunciata già da diverse settimane. La sua premessa è sempre la stessa: i «tagli lineari» avvenuti a partire dal 2010, «che hanno prodotto una tendenza al rientro dal deficit ma anche un aggravamento dei servizi»; l’«inadeguatezza della struttura commissariale»; i risultati diffusi dal Tavolo Adduce, «che ha rilevato la negatività di dati come la migrazione sanitaria, i Lea e il debito». Tutto questo per dire che il «consiglio regionale, come ha già fatto un anno fa, deve assumere una iniziativa libera da strumentalizzazioni. Le vere catene sono quelle che permangono sui calabresi: su questo non c’è da fare sconti su nessuno». Né si può dire che quello di Oliverio sia un agire «strumentale»: «Lo sto facendo assumendomi responsabilità e non sono per nulla preoccupato dell’immagine di un Oliverio isolato o scaricato: mi interessa mettere al centro i bisogni reali di questa regione. E questo dovrebbe essere un interesse comune».
Fosse stato un interesse personale, aggiunge, «non mi sarei permesso di disturbare i manovratori di Roma». Oliverio ribadisce di parlare «il linguaggio dell’oggettività» ed è convinto che sia «arrivato il momento di mettere la Calabria nelle condizioni di uscire da questo pantano».

LORENZIN C’è poi il capitolo relativo alla disputa con il ministro della Salute. «La Lorenzin, nella sua ultima visita in Calabria – puntualizza Oliverio –, non ha negato questa situazione di cui ho parlato, andate (si rivolge alla minoranza, ndr) a risentirvi le registrazioni. Ha dimenticato di dire che il Lazio, che è uscito dal commissariamento, è partito da una condizione molto peggiore rispetto alla Calabria». Sottotesto: la gestione straordinaria, qui, ha fallito. Infatti arriva l’affondo: «Lorenzin ha anche dimenticato di dire che nel Lazio e nel Piemonte a determinare la fuoriuscita dal piano di rientro sono stati i governatori Zingaretti e Chiamparino. Ci sarà un motivo se in Calabria siamo legati sempre alla schizofrenia dei dati…».
Il governatore ribadisce quindi le ragioni della sua protesta («che non è una barzelletta»), perché ritiene «grave» la situazione: «Valuterò le decisioni del consiglio dei ministri e mi auguro che non si sottovaluti la gravità della questione. Spero che la Calabria sia messa nelle condizioni di avere gli stessi diritti dei cittadini di altre regioni d’Italia».
Oliverio auspica «ascolto e convergenze» da parte del governo, l’unico modo per «segnare un punto a favore della nostra terra», dal momento che «non sta scritto da nessuna parte che quello che si è realizzato per i servizi in altre regioni non possa essere realizzato in Calabria». Traduzione: se sarò io il commissario, la sanità tornerà a nuova vita. Un passaggio è dedicato anche ai direttori generali nominati dalla giunta, molti dei quali ancora al loro posto malgrado i bilanci in passivo delle aziende: «Laddove emergessero responsabilità, non esiteremo a prendere decisioni conseguenti».

LE REPLICHE Wanda Ferro (Fi), dopo aver elencato le tante e gravi criticità del settore, si dice disponibile a una battaglia comune che «ci consenta di piantare sulla montagna la bandiera dei calabresi che fino a oggi si sono visti negare il diritto alla salute», a patto che ci sia la volontà di «mandare a casa i direttori generali che non hanno fatto il loro dovere».
A parere di Alessandro Nicolò, «non servivano le catene, ma una forte iniziativa politica nei confronti di chi non ha voluto ascoltare questo governo regionale. Che ha le sue colpe, ma che su questo argomento ha dimostrato senso di responsabilità». Arturo Bova, invece, punta l’attenzione sul «convitato di pietra», cioè i consiglieri di Ap, il partito del ministro della Salute, oggi assenti dall’aula: «Non accetto che sulla pelle dei calabresi ci siano giochi di potere».

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