di Elia Fiorenza – L’arte della tessitura in Calabria ha origini assai remote. Essa appartiene alla storia di ogni famiglia come il telaio, emblema della tranquillità e dell’operosità femminile. Non c’era abitazione che non ne possedesse uno e ancor oggi, in parecchi borghi calabresi è possibile ammirare antichi telai, spesso tarlati, che hanno assunto il colore “nerofumo” del focolare presso cui stavano per anni e anni. Tante furono le leggende che si sono rimpiazzate intorno alla nascita della seta in Calabria. Le vicende della bachicoltura e dell’antica arte del far seta in Calabria hanno suscitato l’interesse di numerosi ricercatori di fama internazionale. Gli studi raccontano di una tradizione di grande valore storico ed economico, fortemente radicata e diffusa, custodita per secoli con caparbietà, giunta ancora vitale fino a noi. Unico documento certo della sua diffusione è un rogito notarile citato (Brebion), quale testimonianza certa, dallo storico e studioso francese Andrè Guillon, Maestro del compianto Professor Filippo Burgarella, risalente al 1050 nel quale si legge, che fra i beni della Curia metropolitana di Reggio, figura un campo di migliaia di gelsi denominato, appunto, Boβὸγγες (Bobònges), dal greco “terra del baco da seta”. Nello specifico il Thema di Calabria accoglieva 24mila piante di gelso, la cui foglia era destinata all’allevamento del baco: la coltivazione del gelso, la bachicoltura, la trattura della seta cruda e le successive fasi di lavorazione, fino alla tessitura e al completamento del ciclo, restarono a lungo una prerogativa delle aziende familiari contadine, che spesso, operando su ordinazione nelle prime fasi del ciclo, e cioè nella gelsicoltura, nell’allevamento e nella trattura, operazioni alle quali partecipava tutta la famiglia, poi procedevano a commercializzare la materia prima così ottenuta. La tradizione – come ricorda Augusto Placanica – vuole che furono proprio due monaci orientali, inviati da Giustiniano in Cina per apprendervi i segreti dell’arte della seta, che ne ritornarono recando con sé, nascosti nei loro bastoni, alcuni bozzoli. È probabile che per la Calabria, fin da quel lontano Medioevo, si sia aperta la lunga avventura dell’arte della seta, che avrebbe portato questa regione alla ribalta della notorietà internazionale. Il baco da seta fu portato, quindi, a noi dai monaci bizantini; attecchì bene sulle rive della fiumara dello Stilaro e su quelle dei vari torrenti internati nel cuore dell’agro bivongese. Le piane alluvionali accanto ai letti delle fiumare si riempirono di alberi di gelso e le sue foglie diedero il nutrimento principe ai bachi. Lo sviluppo della gelsicoltura ebbe inizio con l’introduzione del gelso bianco da parte dei Bizantini che lo portarono in Calabria; prima di allora si conosceva solo il gelso nero poco adatto all’allevamento dei bachi. Nella provincia di Reggio Calabria, il primo impulso alla seta fu dato dagli Ebrei.
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