Mer. Lug 17th, 2024

Ugo Franco – Non è raro che passeggiando nell’area sacra del monastero di San Giovanni Therestìs e nei dintorni del convento dei SS. Apostoli, entrambi del secolo XI, si possano trovare antichi reperti del periodo bizantino. Di recente, infatti, si è avuta notizia di una moneta bizantina recuperata nei pressi del convento di Bivongi. Chi l’ha trovata, pur restando nell’anonimato, ha scelto la sede della redazione del giornale dei bivongesi, “il Paesano” lasciando nella buca della posta una fotocopia ingrandita della moneta con la sola la scritta del luogo del ritrovamento. Fotocopia poco leggibile tanto che, per riuscire a catalogare la moneta, la redazione de il Paesano si è dovuta barcamenare tra molti meandri prima di raggiungere un buon risultato finale. Certo, c’é stato l’aiuto di bizantinisti di fama mondiale come il compianto professore Burgarella, scomparso da poco, in occasione della sua visita nella vallata Stilaro e a San Giovanni, che ha spiegato come fosse fiorente il commercio di quest’area bizantina con la Grecia e l’Oriente. Così anche lo studioso, Elia Fiorenza che accompagnava Burgarella sosteneva che bisognerebbe effettuare scavi nella zona tra il convento e il monastero per la possibilità di trovare non solo monete rare ma, anche, altri reperti.

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Secondo il parere degli esperti dovrebbe trattarsi di una rarità e, quindi, di una moneta bizantina di Costantinopoli del periodo intorno al 610 – 640 d.C.

Della moneta trovata si è riusciti a catalogarla come Follis bizantina di rame risalente all’imperatore Eraclio I che, per la storia delle monete, la coniazione è di Diocleziano nel 294 d. C. Il peso dovrebbe essere di 10,2 gr. Più tardi, nel 312 d.C. il peso fu ridotto a 4, 71 gr. E dopo la riforma di Magnenzio (352 d. C.) il peso raggiunse 8,5 gr. con circa il 4% d’argento. Anche a Reggio Calabria si coniò il Follis e trovarlo in altre zone è difficile.

Nel 1092 cessò il conio del Follis quando, Alessio I ordinò una nuova riforma monetaria. Nonostante tale dictat i Follis di rame continuarono a circolare nel meridione d’Italia fino al 1140, quando Ruggero II, re di Sicilia, nell’assise di Ariano, ne vietò il corso.

Il ritrovamento, stante la veridicità, potrebbe riscrivere la storia, prima della grangia dei SS. Apostoli appartenuta al monastero dell’Arsafia, lungo il fiume Assi, in territorio di Monasterace, e poi del convento dopo la chiusura dell’Arsafia.Riscrivere, perciò, anche le origini dei casali di Bingi et Bubungi, nati ai piedi del convento dei SS. Apostoli, che diedero vita a Bivongi quando si trasferirono sulla sponda destra del fiume Stilaro dove ora sorge. Storia che per gli studiosi, dopo il ritrovamento della moneta Follis, bisognerebbe approfondire perché gli interrogativi sono tanti. Il follis trovato nella zona dei SS. Apostoli fa seguito al follis bizantino del 1040 in bronzo, dal peso di 7,75 gr. coniato a Costantinopoli, trovato nell’area del monastero di San Giovanni Therestìs, negli anni 1950, da un bivongese emigrato poi nelle Americhe che si è portato la moneta come portafortuna. Moneta che dovrebbe risalire all’imperatore bizantino nella cui facciata A è raffigurato il Grande busto di Cristo Antiphonetes fronte in piedi, barbuto, con nimbo crociato (aureola) vestito con una tunica e himation (mantello), benedicente con la destra e con il libro dei Vangeli nella sinistra. Nel retro la scritta IC-XC / NI-KA negli angoli di una croce.

Per quanto affermato dal professor Burgarella, ha conforto quanto scritto di recente su alcuni articoli de il Paesano che nell’area del monastero di San Giovanni Therestìs e del convento dei SS. Apostoli, era fiorente  la produzione di vari prodotti agricoli, specie vino e olio, il che potrebbe significare la presenza di commercianti. Basti ricordare che il convento, era una grande azienda agricola dell’epoca, come attestato da antichi documenti in cui si legge che la produzione di vino raggiungeva salmas centum l’anno (una salma pari a 16 tomoli, un tomolo uguale a 55 litri), tanto da essere commercializzato anche sulle sponde del Mediterraneo. All’interno del convento rimane ben conservato Il grande palmento e così le cantine.

Nasce spontaneo dire che il ritrovamento della moneta dovrebbe spingere gli enti superiori a una maggiore attenzione per un recupero del manufatto che rappresenta le origini di Bivongi.

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