Mar. Lug 16th, 2024

Il docente universitario, che si candida autorevolmente alla carica di sindaco a Catanzaro, renderà la campagna elettorale un rebus. E il ‘fattore Fiorita’ rischia di spaccare il Pd.

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Il professor Nicola Fiorita chiama, chissà se il Pd risponderà. E già, perché il bagno di folla fatto dal docente universitario un paio d’ore fa nella Casa delle Culture (struttura che da tempo non si vedeva così gremita, neppure in occasione della visita di alcuni sottosegretari) crea uno iato nel partito di Matteo Renzi. A livello locale e forse non solo. Una dicotomia forte, che non sarà facile sanare, fra le spinte di quanti premono per l’ingresso nel Grande Centro e chi invece tiene all’autonomia.

La verità, però, è che forse i nodi stiano venendo al pettine in un “megacontenitore” per la quasi totalità formato da una componente ex Democristiana, attraversata da una forte vena nostalgica, e un’altra, di impronta Comunista e Socialista, con l’occhio rivolto a una certa fetta della società, inclusa un’area movimentista e girotondina (si sarebbe detto qualche anno dopo la nascita dell’Ulivo) decisa a rompere con i logori schemi del passato. A Catanzaro, tuttavia, il problema è proprio l’operazione amarcord, che presuppone inderogabilmente un patto fra Pd, Ncd, Udc, alcune liste collegate e un gruppo di operatori economici di peso. Un progetto che farebbe a pugni con la figura del prof. Fiorita, un candidato a sindaco i cui discorsi paiono risentire in modo inequivocabile dell’impronta kennedyana e luterkynghiana. È risaputo, infatti, che entrambi i leader politici statunitensi, pur diversissimi fra loro, non avessero di certo in testa la restaurazione. Assunto che esclude l’ipotesi di un Fiorita alla guida di una compagine alla ricerca della Balena Bianca perduta. E del resto, bastava guardare i molti volti noti, e anche qualcuno meno noto, della Sala per rendersene conto.

Il riferimento è a un pezzo consistente di società civile – al netto di chi non voterà per il giovane docente, pur avendo assistito alla sua convention come il probabile competitor Maurizio Mottola D’Amato – composta da avvocati, sanitari, insegnanti, cronisti (oltre a quelli al lavoro, anche i giornalisti che non fanno legittimamente mistero di nutrire determinate simpatie e coltivare ideali), sindacalisti, commercianti, per cui sarebbe insopportabile il solo odore di un Accorduni stile Camera e Senato. Una bella gatta da pelare, dunque, per i maggiorenti del Pd calabrese. E a riguardo non stupisca che fra i politici presenti (con cariche di alto profilo) ci fossero i soli Sebastiano Barbanti, deputato Pd ex Pentastellato, e il presidente della commissione Antindrangheta Arturo Bova. Quest’ultimo, peraltro, prima di Natale si era premurato di smentire via facebook la volontà (accreditata da noi di Catanzaroinforma) di appoggiare – in contrapposizione a importanti colleghi di partito – quale alfiere del centrosinistra un under 45 che avrebbe potuto essere Pasquale Squillace, Vincenzo Capellupo o qualcuno di cui ancora non era trapelato il nome. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa adesso, considerato che il tempo è galantuomo. Comunque sia, al di là degli intendimenti del consigliere regionale Bova che ha sempre incarnato il desiderio di cambiamento e rinnovamento della politica (questo gli va riconosciuto), saranno come premesso parecchi i dirigenti costretti a fare i conti con il fattore Fiorita. Un elemento che rischia di essere dirompente nel magmatico scenario catanzarese, raccogliendo un’onda lunga alzata nel 2011 da Salvatore Scalzo.

Un’occasione mancata per centrosinistra del capoluogo, che adesso si starebbe ripresentando e dal basso ovvero suggerita dalla gente stessa. Un disegno quindi non concepito a tavolino, in qualche stanza polverosa, anche se bisogna fare attenzione: il giovane docente è sì un “uomo nuovo”, ma meno neofita di quanto sembri. Un intellettuale che può comunque davvero sparigliare le carte, rendendo l’ormai imminente campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale un autentico rebus.

 

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