Il 160° anniversario dei “Fatti d’Aspromonte” (29 agosto 1862) è stato al centro di una breve riflessione del Dott. Fabio Arichetta, responsabile del Centro Studi Storici dell’Associazione Anassilaos, in occasione dell’ultima riunione programmatica del Sodalizio reggino.
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“Lo scontro d’Aspromonte” che toccò da vicino la nostra Provincia – ha dichiarato Arichetta – non pochi contraccolpi ebbe per il neonato stato unitario, proclamato il 17 marzo 1861, sia sul piano interno che soprattutto su quello internazionale rivelandone la fragilità, la propensione all’avventurismo, una non meditata doppiezza dei suoi governanti (governo e sovrano), una estrema superficialità nel prevedere le conseguenze politiche di iniziative potenzialmente nefaste per lo stesso Stato.
Ancora una volta – ha rilevato il relatore – al centro di tutto era Roma, la città eterna predicata capitale naturale della nuova Italia ma sede anche di un papato e di un pontefice (Pio IX) la cui indipendenza una delle potenze europee, la Francia di Napoleone III, si era impegnata a difendere ad ogni costo per ragioni anche di politica interna del Bonaparte che aveva bisogno del sostegno dei cattolici francesi i quali avevano, peraltro, un punto di riferimento nella stessa imperatrice Eugenia.
La soluzione della “questione romana” per il Governo del tempo era anche un modo per porre fine agli intrighi dello spodestato re delle due Sicilie, Francesco II, che da Roma, dove aveva trovato rifugio, fomentava rivolte nell’ex Regno. Per risolvere l’intricato problema il Governo, presieduto da Rattazzi, e lo stesso sovrano, che da tempo svolgeva una politica estera parallela, ritennero fosse utile ricorrere, ancora una volta, a un colpo di mano per porre le potenze europee, e la Francia soprattutto, dinanzi al fatto compiuto.
Garibaldi, come già nel 1860 (Spedizione dei Mille) era la persona più adatta allo scopo e fu lasciato libero di operare. Da qui le ambiguità e le incertezze delle autorità locali (siciliane e calabresi) nel contrastare una iniziativa di dubbia legalità (quella di Garibaldi) ma che essi intuivano avesse in qualche modo l’avallo del Governo e della Monarchia. Allorquando fu però chiaro che Napoleone III non avrebbe mai tollerato un colpo di mano sullo stato pontificio fu d’uopo fermare Garibaldi che il 29 agosto del 1862 si scontrò nei piani di Sant’Eufemia d’Aspromonte con l’esercito regolare e venne ferito. L’intera operazione rivelò il pressapochismo dei governanti e della Monarchia e screditò il giovane regno sul piano delle relazioni internazionali.
La vicenda d’Aspromonte – scrive d’altra parte Stefano Iorfida, Presidente di Anassilaos – pone ancora il bisogno di approfondire la figura di Giuseppe Garibaldi, l’unico forse dei protagonisti del Risorgimento al centro di una politica di revisionismo becera e antistorica che mira a porre in discussione lo stesso processo unitario del Paese che egli realizzò con la conquista del Regno delle Due Sicilie.
Ammirato per tutto il 20° secolo indifferentemente da Socialisti, Comunisti e Fascisti che il 4 giugno del 1932, presenti il Re e lo stesso Mussolini, inaugurarono il monumento ad Anita Garibaldi sul Gianicolo, l’Eroe dei Due Mondi è figura complessa: insofferente delle liturgie parlamentari, decisionista, con atteggiamenti duceschi, ed insieme rivoluzionario, popolare, anticlericale. Degno comunque di una approfondita analisi storica che ne evidenzi le capacità di stratega e i limiti politici e i diversi, contraddittori, aspetti che saranno oggetto di un prossimo convegno promosso dall’Associazione Culturale Anassilaos per ricordare il 140° della sua morte avvenuta nel 1882.
(foto: Garibaldi ferito, opera di Giovanni Fattori)