Sab. Lug 27th, 2024

Vince la linea Alfano. Il sottosegretario alle prese col dossier Calabria. Quell’incontro romano con Minniti e Oliverio e un proposito che si rinnova: uscire dalla palude dem “cosentina” che ha fatto sprofondare il governatore

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Sarà il sottosegretario Tonino Gentile il nuovo coordinatore nazionale di Alternativa popolare. In questo senso si è espressa la direzione nazionale del movimento, facendo proprie le indicazioni venute da Angelino Alfano al termine della riunione con i gruppi di Senato e Camera. Proprio l’esito delle due assemblee dei parlamentari di Ap ha finito con il cementificare la candidatura di Gentile alla guida del partito, visto che la scissione invocata dall’ex ministro Lupi alla fine ha contato la fuoriuscita solo di due senatori e di altrettanti deputati.
Il grosso delle truppe, praticamente più di una cinquantina di parlamentari, è rimasto fedele ad Alfano e ha indicato in Tonino Gentile il nuovo coordinatore nazionale. Tale incarico verrà ufficializzato lunedì, anche attraverso la nomina, da parte di Gentile, di tre vicecoordinatori nazionali. Tuttavia il sottosegretario ha già avviato il lavoro, lo ha fatto con una serie di incontri con i vertici nazionali del Pd che hanno sgombrato il terreno dagli ultimi intoppi e portato alla definitiva scelta di Ap di correre con il proprio simbolo in coalizione con il Partito democratico e, più in generale, con il centrosinistra.
Inutile dire che negli incontri avuti in questi giorni al Nazareno tra Gentile e il coordinatore della segreteria nazionale del Pd Guerini, molto si è discusso anche della situazione calabrese. In proposito c’è chi si spinge a leggere come uno tsunami politico quello che rischia di abbattersi su una cospicua fetta dell’attuale classe dirigente del Pd calabrese. Molti gli errori accumulati negli anni dall’asse Magorno-Oliverio nel rapporto con gli “alfaniani”. Basta citare, da ultimo, il caso delle comunali di Catanzaro dove il rifiuto del Pd a collaborare con Ap ha “regalato” a Sergio Abramo la riconferma a sindaco con un’alleanza di centrodestra grazie, soprattutto, ai voti della lista ufficiale di Ap messa in campo dal senatore Piero Aiello che finì con il raccogliere il 10% dei voti, praticamente il doppio di quanto racimolato dalla lista ufficiale del Pd. Non era andato meglio il rapporto con la Giunta regionale, fatto più di scontri e scorrettezze che non di collaborazione come, invocavano, invece, i fratelli Gentile. Gli alfaniani proponevano un’alleanza calabrese sul solco di quella che già operava a sostegno del governo nazionale, ogni disponibilità, tuttavia, veniva rispedita al mittente.
In sede istituzionale le cose andavano anche peggio e non solo per lo scontro sulla gestione dell’emergenza sanitaria. Anche nelle varie vertenze che si aprivano, a cominciare da quella eterna relativa al porto di Gioia Tauro, la giunta regionale a guida Oliverio rifiutava ogni collaborazione con il sottosegretario Gentile, arrivando al punto di partecipare ad incontri presso il ministero dello Sviluppo economico, il dicastero assegnato a Gentile, senza che questi venisse minimamente coinvolto.
Era la logica del Pd cosentinocentrico e autoreferenziale, la stessa che ha portato fin qui al crollo elettorale di tale partito che, praticamente, da quando guida con una sorta di “monocolore” la Regione Calabria non ha mai vinto neanche una competizione elettorale, se si escludono le provinciali di Catanzaro e Cosenza, peraltro vinte da candidati assolutamente invisi al governatore, come Enzo Bruno a Catanzaro e Franco Iacucci a Cosenza. In entrambi i casi, alla elezione di Bruno e Iacucci a presidente hanno concorso i fedelissimi dei Gentile.
Adesso i nodi vengono al pettine, anche perché allo stato i sondaggi, che già forniscono dati preoccupanti su scala nazionale per il Pd, vedono il partito di Renzi in particolare sofferenza proprio in Calabria mentre, sempre in Calabria, Alternativa popolare segna la sua performance migliore.
Dal canto suo Gentile evita ogni dichiarazione, almeno fino a lunedì, e ogni commento. Le poche battute che lascia cadere sono tutte improntate al massimo dell’ecumenismo: «Bisogna voltare pagina ed evitare che il Paese e la Calabria finiscano sotto il giogo del peggiore populismo. Vanno archiviati rapidamente gli errori e le incomprensioni per mettersi a costruire un serio progetto di rinascita».
E se proprio lo si costringe a parlare dello scenario calabrese, Tonino Gentile se la cava con una battuta: «Ci dispiace non essere stati ascoltati prima, con un poco di umiltà si potevano evitare tanti problemi e tante sconfitte. Soprattutto si poteva sfruttare meglio la disponibilità che i governi guidati da Renzi e da Gentiloni hanno sempre mostrato verso la Calabria. Avere disertato i tavoli nazionali, essersi incaponiti sulle piccole beghe di paese ha fatto danno alla Calabria e ai calabresi ma, detto questo, oggi occorre ripartire e collaborare con estrema lealtà».
D’altra parte con un pezzo del Pd il dialogo è stato sempre tenuto aperto. Da Franco Iacucci a Antonio Viscomi, passando per il presidente del consiglio regionale Nicola Irto, il sottosegretario Gentile ha sempre mantenuto canali di confronto e di collaborazione. Ottimo e diretto anche il rapporto con il ministro Marco Minniti e con diversi parlamentari del Pd, da Ferdinando Aiello a Ernesto Carbone e Demetrio Battaglia. In fondo proprio con Minniti, all’epoca sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gentile aveva accettato di dare una svolta alla questione calabrese collaborando con il governatore Mario Oliverio. Famosa la foto, pubblicata in esclusiva dal Corriere del Calabria (la riproponiamo oggi) che ritraeva Minniti, Oliverio e Gentile, nel vicolo che separa Montecitorio da Palazzo Chigi mentre provano a riannodare i fili del dialogo. Obiettivo era un percorso unitario in vista delle elezioni comunali di Cosenza: i tre un accordo lo avevano anche raggiunto ma il richiamo della foresta (o della palude?) cosentina ebbe la meglio su Mario Oliverio e si finì con una sonora sconfitta al primo turno per il Pd mentre la lista di Gentile andò per i fatti suoi.
Eccoli i nodi che ora arrivano al pettine, e non basta tutto l’ecumenismo dispiegato in queste ore dal nuovo coordinatore nazionale di Ap per rendere più tranquillo il sonno di chi in questi anni ha remato in tutt’altra direzione.

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