Dom. Lug 28th, 2024

Disastro sanitario negli ultimi sei mesi: i conti sono fuori controllo, i Lea segnano il passo e il Tavolo Adduce-Urbani boccia la Calabria. Che rischia (di nuovo) il blocco del turnover mentre i manager portano a casa ricchi premi

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I fatti sono ostinati, ammoniva Churchill. E i numeri sono numeri non lettere… molto più prosaicamente ricorda il mio amico Berry quando si tratta di spiegare, a clienti e fornitori, il “prezziario”.
Fatti e numeri presentati ieri dalla delegazione calabrese al “Tavolo Adduce-Urbani” sono eloquenti: in meno di sei mesi tutto il lavoro fatto per rimettere in riga i conti della sanità è andato a farsi benedire. La spesa torna a essere fuori controllo, i Lea restano distanti anni luce da quelli delle altre regioni e gli stessi advisor calabresi, presentatisi oggi con aria smarrita e panico stampato in volto, ammettono che già a oggi è stimabile un disavanzo per il 2017 da inserire in una forbice che va dai 105 ai 153 milioni di euro. Andrea Urbani si lascia sfuggire un «ma come avete fatto». Nessuno gli risponde. Occhi bassi per la compagine calabrese. Non c’è solo il commissario Massimo Scura; con lui anche il capo del dipartimento Salute Bruno Zito e i dirigenti regionali Pagliaro e Ferrari.
Nessuno spiega le ragioni del disastro contabile, nel contempo però tutti sanno di spese non autorizzate, di costi lievitati, di assunzioni in libertà fino alla ciliegina ultima con i direttori generali che, autorizzati dalla Regione Calabria, staccano un assegno “a me medesimo” col quale aggiungono altri trentamila euro ai già alti compensi riconosciuti loro e disancorati da qualsivoglia obiettivo manageriale.
Le conseguenze di questi numeri si annunciano devastanti per i calabresi. La legge prevede automatismi categorici: quando il disavanzo supera l’imponibile fiscale (che in Calabria è fissato a 93 milioni di euro) scatta immediatamente il blocco del turnover (quindi niente assunzioni ma solo pensionamenti) e l’aumento dei ticket. Prima di confessare l’inconfessabile i manovratori calabresi hanno atteso fine novembre, adesso ogni spazio di recupero risulta compromesso. Sulla carta ci sono poche settimane per arginare il disastro, il tavolo romano torna a riunirsi a fine febbraio, ma francamente nessuno ha idea di come reperire le risorse che mancano, il che rende ineluttabile il precipitare sulla testa dei calabresi di nuove drammatiche condizioni economiche e assistenziali.
Certamente la responsabilità principale ricade in capo al commissario unico Massimo Scura: i contestati provvedimenti adottati dopo l’abbandono della scena calabrese da parte di Andrea Urbani, chiamato a direttore generale presso il ministero della Salute, hanno rimesso in mezzo ai marosi la spesa sanitaria. Anche il dipartimento Salute e la Presidenza (in Calabria non c’è un assessore alla sanità, delega trattenuta dal presidente) concorrono tuttavia nelle responsabilità, non fosse altro che per il fatto di avere nominato i direttori generali che poi, nei fatti, hanno determinato lo sforamento dei rispettivi bilanci con in aggiunta il “regalino” di un aumento delle proprie indennità.
Così tra lotte intestine, strutture sanitarie che chiudono e nuovi ospedali che non riescono neppure ad arrivare alla cantierizzazione, polemiche e denunce, rapporti pubblico/privato in regime di comparaggio e livelli di assistenza assolutamente inconciliabili con la spesa erogata, la Calabria soccombe ancora.
E adesso… incatenatevi tutti.

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