Mar. Set 24th, 2024

La sua storia rivive nella presentazione del libro Madrine di ‘ndrangheta di Federica Iandolo, che esplora il ruolo delle donne nelle dinamiche mafiose.

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A vent’anni dall’omicidio di Massimiliano Carbone, la sua storia continua a essere una ferita aperta per la sua famiglia e la comunità di Locri. Il giovane imprenditore trentenne fu colpito da un sicario la sera del 17 settembre 2004, mentre rientrava a casa dopo una partita di calcetto. Morì dopo sei giorni di agonia, il 24 settembre, giorno del compleanno di sua madre Liliana. Il movente del delitto sembra legato alla relazione che Massimiliano aveva con una donna sposata, vicina alla cosca Cordì, un legame che non rinunciò a vivere, nonostante le minacce. Il caso, nonostante la conferma della paternità del figlio nato da quella relazione tramite test del DNA, non ha mai trovato una conclusione giudiziaria, soffocato da indagini lacunose e dall’omertà.

In questi anni, la madre Liliana Carbone non ha mai smesso di lottare per ottenere giustizia. “Mio figlio è stato ucciso perché non ha voluto rinunciare all’amore per quel bambino e per la sua vita”, racconta, consapevole che la verità esiste, anche se non sarà mai riconosciuta a livello giudiziario. Un delitto che, come sottolinea Liliana, affonda le sue radici nella mentalità mafiosa, secondo la quale “se l’è cercata” per non essersi piegato a quelle regole di onore imposte dalla ‘ndrangheta. Non era accettabile che Massimiliano avesse scelto di vivere il suo amore e costruire un legame fortissimo con il figlio, all’epoca di soli cinque anni.

La memoria di Massimiliano Carbone è stata onorata anche con la presentazione del libro Madrine di ‘ndrangheta, scritto da Federica Iandolo. Il volume, che trae spunto dal maxi processo “Emilia”, indaga il ruolo delle donne nelle dinamiche mafiose, esplorando come la ‘ndrangheta influenzi profondamente le relazioni e la vita quotidiana di chi si trova a contatto con le sue leggi non scritte. L’evento si è tenuto a Palazzo Alvaro, sede della Città Metropolitana di Reggio Calabria, ed è stato un momento importante per riflettere non solo sulla tragedia di Massimiliano, ma anche sul coraggio di chi, come sua madre Liliana, continua a chiedere verità e giustizia in una terra segnata dall’omertà.