Sab. Lug 27th, 2024

Ha riscosso un grande successo il corso di apicoltura di secondo livello, tenuto dal divulgatore agricolo Giuseppe Orrico, dell’ARSAC, l’azienda regionale per lo sviluppo dell’agricoltura calabrese, diretta dal Commissario Straordinario, dottoressa Fulvia Michela Caligiuri. Ad organizzare l’iniziativa, il Centro di Divulgazione Agricola n. 18, di Caulonia Marina, diretto dal dottore Giuseppe Cavallo. Nel corso dell’incontro, che ha avuto luogo presso la sala conferenze della biblioteca comunale, patrocinato dall’assessorato all’ambiente del Comune di Caulonia, guidato dall’assessore, ingegnere Antonella Caraffa, sono stati trattati argomenti molto importanti per il comparto apicoltura, fra i quali quelli legati alle patologie che stanno affliggendo gli apiari, a cominciare dalla varroa. Questo acaro, che parassitizza le api, le indebolisce, come ha spiegato il divulgatore Orrico, e trasmette virus che portano la colonia al collasso in meno di un anno. Purtroppo, come ha espresso il dottor Cavallo, l’acaro nasce e si sviluppa all’interno della covata delle api, protetto da un opercolo di cera, ed è quindi molto difficile da colpire e distruggere. Il divulgatore Giuseppe Orrico, uno dei massimi specialisti del comparto, a livello nazionale, ha spiegato aspetti tecnici dell’apicoltura, agli interessati corsisti ed uditori, che hanno seguito con attenzione sia le lezioni frontali, in aula, sia quanto espresso nella visita guidata, effettuata, nella giornata del 24 luglio u.s. in un’azienda apistica del territorio della Kauloniade. Orrico ha detto che la varroa è la malattia delle api con il maggior impatto sull’apicoltura e se inzialmente è stata una patologia parassitaria descritta come parassita dell’ape asiatica Apis cerana, l’acaro ha infestato anche l’ape europea Apis mellifera a partire dalla metà del secolo scorso. Secondo quanto ha riferito il divulgatore Orrico, il ciclo biologico di sviluppo della Varroa segue quello delle api. In assenza di covata, la Varroa rimane saldamente ancorata al corpo delle operaie, attendendo la ripresa dell’ovodeposizione da parte dell’ape regina per riprodursi a sua volta. Questo terribile acaro si riproduce solo all’interno della covata opercolata e riconosce i feromoni emessi dalle larve prossime all’opercolatura. Per questo riescono a penetrare nella celletta prima che essa venga sigillata. La Varroa madre si rifugia sul fondo della cella, in mezzo alla pappa reale, fino alla conclusione dell’opercolatura. Successivamente, si attacca alla larva e inizia a succhiarne l’emolinfa.  In Italia, il primo caso di questo attacco parassitario è stato registrato nel 1981, in provincia di Gorizia. Da quel momento, l’acaro si è diffuso a macchia d’olio, rendendo l’infestazione degli alveari un problema generale per l’intero Paese. La Varroa ha effetti profondamente negativi sulla salute delle api, che nascono con un peso inferiore e una minore concentrazione di carboidrati e proteine. Inoltre, presentano molto frequentemente malformazioni come la riduzione delle dimensioni, un addome sottosviluppato e malformazioni di pungiglione, ali e zampe. Anche il sistema immunitario dell’ape risulta particolarmente compromesso, abbassando le sue capacità di difesa e incrementando le possibilità di attacco di altri patogeni, quali batteri e funghi. È stato dimostrato che un’ape infestata durante la sua fase di bottinatrice copre in volo distanze più brevi e ha performance di raccolta inferiori rispetto a bottinatrici non parassitate. La Varroa, inoltre, è vettore di numerose virosi, quali il virus delle ali deformi e il virus della paralisi acuta. Nel caso della Varroa, si deve paròare di “reinfestazione“ più che di contagoio poichè un alveare trattato può ritrovarsi ancora fortemente infestato in seguito ai fenomeni di saccheggi e deriva, che mettono in contatto api con Varroa allo stato foretico e api”sane”. Anche l’apicoltore può farsi vettore della Varroa nel momento in cui movimenta sciami o sposta favi di covata da un alveare all’altro. Un apicoltore che non somministra in maniera corretta i trattamenti può, inoltre, diffondere maggiormente l’acaro, andando a intaccare anche gli alveari limitrofi. Nel corso dell’incontro formativo, si è parlato anche del ruolo di fondamentale importanza che ricoprono le api, in relazione all’ecosistema: il lavoro di impollinazione ci permette di gustare a tavola frutta fresca, come pere, mele, susine, ciliegie, albicocche, ecc. Però, il continuo ricorso agli insetticidi ha modificato drasticamente i ritmi di questi imenotteri, riduce none le colonie. Quindi, il ruolo dell’apicoltore è cruciale: l’obiettivo primario di chi avvia un allevamento di api consiste nell’allevare gli sciami, al fine di vendere il miele, lavorato e raccolto sottoforma di nettare. Gli aspetti organizzativi del corso sono stati curati dal divulgatore agricolo, Altobela Sigilli, in colaborazione con il responsabile del Ceda. Il centro di divulgazione agricola cauloniese è compreso nel Cesa della Locride, la cui responsabile è la dottoressa agr. Concetta Leto.

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Il Commissario straordnario ARSAC, dottoressa Fulvia Michela Caligiuri
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